Mentre il countdown per il 2026 è già iniziato, nelle cucine della Sardegna il ritmo si fa frenetico. Se nel resto d’Italia il dibattito si ferma spesso al binomio cotechino-lenticchie, nell’Isola il cenone di San Silvestro è un rito identitario che sfida le mode gourmet per rifugiarsi nelle certezze della tradizione. Da nord a sud, il menù delle feste parla una lingua fatta di eccellenze del territorio e ricette tramandate.
Il cenone sardo non può che aprirsi con un’esplosione di antipasti. Se nelle città costiere come Alghero o Cagliari il protagonista è il pesce – con l’insalata di polpo, le arselle e la bottarga di muggine di Cabras a farla da padrona – nell’interno dominano i sapori decisi. Non mancano mai i taglieri di salumi locali, il prosciutto di Villagrande o Desulo e le olive condite “a sa sarda”. Immancabile, su ogni tavola, il Pecorino Sardo DOP, servito sia fresco che stagionato.
Il primo piatto è il cuore del banchetto. I Malloreddus alla campidanese (con salsiccia e zafferano) restano il “comfort food” per eccellenza, ma la notte di Capodanno vede spesso il trionfo dei Culurgiones ogliastrini, specialmente nelle varianti più ricche. Nel nord dell’Isola, la Zuppa Gallurese continua a essere un pilastro dei giorni di festa, mentre molti scelgono la fregula tostata, cucinata con frutti di mare o con un brodo saporito di carni miste.
Nonostante la crescente offerta di menù a base di pesce, il re incontrastato del cenone (o del pranzo del primo dell’anno) resta il maialetto . Arrostito lentamente allo spiedo e profumato con il mirto, il porceddu rappresenta l’emblema della convivialità sarda. Nelle zone interne, non è raro trovare anche l’agnello o il capretto, cucinati con carciofi o patate.
I sardi, si sa, sono un popolo rispettoso dei segni. Anche qui vige la regola delle lenticchie, simbolo di prosperità e denaro, consumate allo scoccare della mezzanotte. Accanto a queste, si è consolidata l’usanza dei dodici chicchi d’uva, uno per ogni rintocco, per assicurarsi fortuna in ogni mese dell’anno nuovo.
Per concludere in dolcezza, la Seada al miele è il fine pasto più richiesto, ma il periodo natalizio porta con sé anche papassini, formaggelle e il classico torrone di Tonara. Il tutto viene innaffiato dai grandi vini dell’Isola: dal Cannonau per le carni, al Vermentino per il pesce, fino al brindisi finale con una Malvasia di Bosa o un Moscato di Cagliari.
Nonostante il carovita e le nuove tendenze culinarie, il Capodanno in Sardegna conferma una regola aurea: la festa vera si fa a tavola, tra sapori che sanno di casa e l’immancabile ospitalità che rende ogni cena un evento collettivo.
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