In Evidenza 41-Bis in Sardegna, è scontro: le “botte di Natale” della politica isolana

41-Bis in Sardegna, è scontro: le “botte di Natale” della politica isolana

Il dem Marco Meloni contro Salvatore Deidda: “Serve unità per fermare il Governo”. I Riformatori intervengono: "Questione nasce col Governo Conte"

Si infiamma la polemica politica sull’ipotesi di un trasferimento massiccio di detenuti in regime di 41-Bis negli istituti penitenziari della Sardegna. A riaccendere il confronto è l’intervento del senatore del Partito democratico Marco Meloni, replicando duramente alle dichiarazioni del deputato di Fratelli d’Italia Salvatore Deidda che ha definito “fantasiosa” la ricostruzione della vicenda fatta dal centrosinista.

Deidda ha ribadito che non sarebbe mai stata prospettata la conversione di tutte le carceri sarde in strutture destinate al 41-Bis, né tantomeno sarebbe stato confermato il numero di detenuti. “Nessuno ha mai parlato di convertire tutti gli istituti sardi per il regime di 41-Bis – ha detto – né sono state citate le cifre che circolano in queste ore. Si è esclusivamente discusso della necessità che i reparti per il 41-Bis siano rigorosamente separati dal resto della popolazione carceraria, come previsto dalle norme vigenti”.

Una lettura che Meloni respinge con decisione. Il senatore dem si dice “stupito” dal tentativo di rassicurazione, “mentre la politica e la società sarda si stanno mobilitando in modo unitario” contro quello che viene percepito come un rischio concreto. Meloni sottolinea come Deidda sembri disporre di informazioni che, a suo dire, il Ministero della Giustizia “nega da mesi agli altri parlamentari“.

Nel mirino del Pd c’è anche la ricostruzione fornita dal sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro durante la Conferenza unificata del 18 dicembre scorso. Secondo Meloni, da quell’intervento emergerebbe l’intenzione di concentrare i detenuti in regime di 41-Bis in 7 istituti penitenziari esclusivamente dedicati. Di questi, 3 sono in Sardegna: Sassari, Nuoro e Cagliari Uta. Il Partito Democratico chiede ora un fronte comune per ottenere l’abrogazione di quella disposizione, ritenuta priva di senso e penalizzante per una sola regione.

Sul tema intervengono anche i Riformatori sardi. Il capogruppo in Consiglio regionale, Umberto Ticca, sottolinea come la questione dei trasferimenti e del 41-bis non nasca oggi. “Già nel 2020, sotto il governo ‘Conte 2’ sostenuto dal centrosinistra, furono assunte scelte che hanno inciso sull’utilizzo dei nostri istituti penitenziari. Un esecutivo del quale faceva parte anche l’attuale presidente della Regione, Alessandra Todde”.

Una precisazione che, secondo Ticca, serve a ribadire la coerenza del partito. “Noi su questo tema siamo coerenti da sempre. Ieri come oggi, a prescindere dal colore del governo, diciamo che la Sardegna non può essere trattata come una soluzione logistica per problemi decisi altrove. È giusto opporsi oggi, ma è altrettanto giusto ricordare che in passato non ci si è opposti”.

A rafforzare il fronte critico è anche il presidente del Consiglio regionale della Sardegna, Piero Comandini. Il suo messaggio è diretto: “Dal Governo ci attendiamo e pretendiamo lealtà e correttezza istituzionale” afferma. “Non è accettabile che decisioni che possono turbare il tessuto sociale di interi territori, siano calate dall’alto senza che ci sia stato preventivamente un adeguato coinvolgimento delle istituzioni regionali, delle comunità e delle popolazioni locali”.

Le carceri sarde, ricorda Comandini, ospitano già un numero elevato di detenuti di massima sicurezza. L’ipotesi di destinarle esclusivamente al 41-bis viene definita una “scelta politica irresponsabile e prepotente, che la Sardegna non subirà senza far sentire con forza la sua voce, a cominciare dal Consiglio regionale”.

Leggi le altre notizie su www.cagliaripad.it