La Sardegna tenta il colpo decisivo nella “vertenza entrate” con lo Stato, puntando a chiudere un accordo prima dell’approvazione della manovra nazionale. È quanto emerge dal faccia a faccia durato circa un’ora e mezza al Ministero dell’Economia tra la presidente Alessandra Todde, il vicepresidente e assessore al Bilancio Giuseppe Meloni e il ministro Giancarlo Giorgetti. Sul tavolo il credito che l’Isola rivendica da Roma – un miliardo e 700 milioni di euro – contro le ipotesi del governo che vorrebbe ridurre la cifra a 800 milioni da restituire nell’arco di dieci anni.
Todde parla di “incontro collaborativo”, sottolineando che non si è entrati nel merito dei numeri ma si sono poste le basi della trattativa: “Abbiamo discusso delle mancate entrate degli anni passati, dell’insularità e della necessità di un accordo con le altre regioni a statuto speciale per il mancato gettito del 2025. L’obiettivo è chiudere a breve, con tempi molto stretti legati alla manovra”.
Sulla stessa linea l’assessore Meloni, che chiede una soluzione definitiva e stabile: “Oltre a chiudere sugli arretrati, vogliamo programmare con risorse certe, perché simili contenziosi non si ripetano più. Confidiamo che l’intesa possa essere inserita nella legge di bilancio”.
Reazioni all’incontro arrivano anche dalla minoranza in Consiglio regionale. Per Fausto Piga, vice capogruppo di Fratelli d’Italia, la firma dell’accordo “non è in discussione”. E afferma: “L’attuale governo è serio e metterà una toppa, anche se le responsabilità sono dei governi passati“, afferma, ricordando i 15 anni di mancati trasferimenti per un totale di un miliardo e 720 milioni. Poi la stoccata alla presidente: “A far saltare l’accordo può essere solo la presidente Todde, magari con una provocazione delle sue. Dopotutto siamo abituati ai suoi repentini cambi di approccio istituzionale che passano da un profilo responsabile a quello populista con uno schiocco di dita”.
Ora la partita si gioca sul filo del tempo: l’accordo potrebbe essere chiuso e inserito nella manovra, ma la distanza sulle cifre resta. Le prossime settimane diranno se il braccio di ferro si trasformerà in un compromesso o in un nuovo rinvio.
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