Estensione immediata della vaccinazione a tutte le aziende presenti nelle aree a rischio e abbattimento selettivo dei soli capi infetti o ad alto rischio. È questa la strategia proposta dall’assessore regionale alla Sanità, Armando Bartolazzi, per contenere la diffusione della Dermatite contagiosa dei bovini, conosciuta anche come Lumpy Skin Disease (LSD), nel corso della riunione tenutasi a Nuoro con la prefetta Alessandra Nigro, i sindaci dei territori colpiti e le autorità sanitarie e di sicurezza.
Bartolazzi ha riferito i contenuti emersi dall’incontro con il Ministero della Salute, dove è stato confermato che il ceppo virale isolato in Sardegna ha origine dall’Africa sub-sahariana ed è presente sull’isola da circa 3 mesi. I focolai confermati sono 6, localizzati nei comuni di Sarule, Orani, Orotelli e Bottida, mentre altri 8 casi sono sospetti e in fase di verifica. A oggi, risultano 1.179 capi coinvolti, di cui 59 contagiati e 6 deceduti, con una mortalità dello 0,51% e una morbilità del 5,26%.
“Si tratta di percentuali molto basse, dovute al fatto che la diffusione della malattia avviene non da animale ad animale ma per il tramite di un insetto vettore, presumibilmente una zecca” ha detto Bartolazzi. “Per questo pensiamo che una rapida e diffusa campagna vaccinale possa avere ottime possibilità di successo ed è su questo che stiamo insistendo con i nostri referenti ministeriali”.
L’Assessore ha poi illustrato la seconda parte della strategia regionale di contrasto alla Lsd, che consiste nella proposta di un’abbattimento selettivo dei capi infetti e nella contestuale vaccinazione seguita a quarantena rigida per gli altri presenti all’interno delle zone a rischio, compatibilmente con le deroghe ottenibili dalle normative vigenti.
“In Lombardia, dove si è accertato l’altro focolaio italiano, si è provveduto con uno stamping out massivo, ovvero un abbattimento integrale di tutti i capi concentrati all’interno di uno stabilimento. Questo in Sardegna risulta più complicato per due ordini di motivi: la dispersività delle realtà aziendali caratterizzate spesso da pascolo brado e da unità isolate biologicamente e fisicamente, su grandi distanze, anche all’interno della stessa realtà aziendale, dall’altro le difficoltà tecniche dello smaltimento data la mancanza nell’isola di strutture adeguatamente attrezzate”.
In caso di stamping out a tappeto occorrerebbe quindi individuare dei punti di conferimento fuori regione, prevedendo la stipula di convenzioni con altri territori, e con l’individuazione di rigidi protocolli per il trasferimento delle carcasse ai luoghi di smaltimento. “Il relativo costo sarebbe di 500 euro per ogni capo destinato a questo tipo di trattamento”.
“Per questo, abbiamo chiesto a Roma e Bruxelles di poter andare in deroga rispetto ai protocolli standard e di poter procedere con un’attenta selezione delle azioni da compiere azienda per azienda con l’ausilio delle nostre unità veterinarie locali, sempre che le normative europee possano consentirlo”, conclude Bartolazzi.
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