In Evidenza Michela Atzeni: “Per fare teatro bisogna incendiarsi d’amore”

Michela Atzeni: “Per fare teatro bisogna incendiarsi d’amore”

Michela Atzeni accompagna da diversi anni il viaggio di tantissime persone. In modi differenti: teatro, radiodrammi, cinema, monologhi, audiolibri. A Cagliaripad racconta la sua esperienza

Una voce può far viaggiare la mente. Le storie, il timbro, i luoghi sono punti di contatto di una narrazione che dentro e fuori ogni essere umano. Che vive con emotività più o meno marcata lo sviluppo di personaggi e di filamenti di resoconti.

Michela Atzeni accompagna da diversi anni il viaggio di tantissime persone. In modi differenti: teatro, radiodrammi, cinema, monologhi, audiolibri. Attraverso la sua voce si entra via via nella vita di persone sconosciute, vicine o lontane dal nostro modo di essere.

Da Cagliari a Milano, da Torino alla Svizzera: significative sono state le sue esperienze. L’ho incontrata per la prima volta in occasione del Festival dell’Altrove, lo scorso anno. Portava in scena “Assandira” di Giulio Angioni, con una rilettura certosina ed emozionante.


Com’è trasportare l’emozione di un libro dal testo al teatro?

Cerco di rispettare il libro. Il tipo di scrittura di un testo è già un mezzo fruibile. Certo, ci sono delle accortezze da seguire. “Assandira” di Giulio Angioni, ad esempio, è un libro meraviglioso. Mi è stato richiesto di fare una riduzione di 40 minuti. Significa scegliere circa 26 pagine di un libro che è un capolavoro. Ogni pagina ha un caleidoscopio delle sfumature del sentimento umano. Non lo conoscevo, non ho visto neanche il film. E questo mi ha aiutato perché ogni volta voglio che in me si creino delle immagini per poi essere in grado di trasferirle a chi mi ascolta. Esercizio ardito, una sfida. Ma faccio parte di quella categoria di attori che crede che ogni pagina debba essere portata davanti a un pubblico.

Che tipo di lavori fai sui testi?

Nel teatro c’è un regista, ci sono dei compagni di scena. Dunque il testo si costruisce insieme. Se devo fare un monologo da sola, invece, cerco di andare a capire come risuona in me. Dove ci sono i corto circuiti che mi sembra stiano parlando me. La mia sfida è trovare un punto d’incontro tra me e il protagonista. Poi ci sono il perché lo sto dicendo, a chi, come lo sto dicendo. Mi faccio prendere dal suono della parola. Amo lavorare sulla “regia invisibile”: sono una serie di movimenti, micro-cambi, cerco di darmi un aiuto col corpo. Mi aiuta anche a livello emotivo. Corpo e voce diventano una cosa sola. Mi lascio prendere dalla storia.

Sei impegnata in tanti settori: teatro, audiolibri, cinema, docenze, doppiaggio. Com’è avviene il passaggio dall’uno all’altro lavoro?

Credo che un attore debba essere in grado di far tutto. Ognuno di noi ha i suoi canali preferiti: ad esempio io preferisco il teatro al cinema. Mi sento più ricca di strumenti. Faccio tante cose differenti: le faccio con entusiasmo. Questo è il mio segreto. Mi piace molto fare ciò che faccio. Ho collaborato tanto col Teatro Lirico di Cagliari: era vera la mia passione per l’opera lirica. Mi si è incendiato un amore. Certo, studio tanto. La ragione che mi spinge a riuscire a portare i lavori è la curiosità. Mi piace immergermi nel mio impegno.

Che periodo stai vivendo?

Professionalmente è un bellissimo periodo. Ho pensato “cosa ho fatto nel 2024 e in questi mesi?”. Talvolta gli impegni sono così tanti che ho poco tempo per potermi fermare e riflettere. Penso al podcast per la Fondazione Berlinguer, alla collaborazione con la radio svizzera, agli spot, agli spettacoli, e ai radiodrammi con Fonderia Mercury del mio grande maestro Sergio Ferrentino. Primo facevo solo l’attrice a teatro. L’incontro con Sergio Ferrentino nel 2011, durante un provino, mi ha fatto innamorare del mondo del doppiaggio. Lavoro e passione che ho trasferito anche a Cagliari. La cosa che adoro è soprattutto fare teatro coi bambini: loro condividono con me questo gioco serissimo. Oggi so cosa mi piace, so come mi piace lavorare, e so come mi piace che le persone si pongano con me. Mi sento voluta bene.

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