In Evidenza Manuela Murgia, la famiglia: “L’assassino è ancora vivo”

Manuela Murgia, la famiglia: “L’assassino è ancora vivo”

Elisa, Anna e Gioele sono le sorelle e il fratello di Manuela. Ai nostri microfoni raccontano il turbine di emozioni che stanno vivendo con la ricerca della verità sulla morte della sorella

Elisa, Anna e Gioele. Sono le sorelle e il fratello di Manuela Murgia. Da tempo stanno chiedendo una cosa semplice: di comprendere in che modo, nel 1995, sia morta una ragazza di 16 anni. Loro sorella.

La riapertura del caso ha permesso nuove scoperte. Intanto, la giovane non si tolse la vita lanciandosi nel canyon di Tuvixeddu. Le ferite riscontrate dal medico legale Roberto Demontis sono compatibili invece con l’investimento di un’auto. Dunque Manuela venne portata solo in un secondo momento nel luogo in cui è stata poi ritrovata. E nei giorni scorsi il ritrovamento dei vestiti, che allargano ancora di più le ricerche dello staff di professionisti che sta lavorando al caso.

Venerdì 11 aprile ci sarà una fiaccolata che da via Barigadu arriverà a Tuvixeddu. Un intenso momento di raccoglimento che coinvolgerà tantissime persone.

Intanto, la famiglia parla ai microfoni di Cagliaripad.it e racconta le sensazioni, le emozioni, gli auspici nella lunga battaglia verso la verità. Una battaglia lunga 30 anni, che di recente ha aperto tanti spiragli per riuscire a ricostruire la vicenda.

C’è stato un momento in questi anni dove avete pensato di essere vicini alla risoluzione del caso di Manuela?

Elisa: Non abbiamo mai pensato di essere vicini alla verità. Questo perché la storia di Manuela era abbastanza ingarbugliata. Dovevamo partire dal dover disincagliare l’atto delittuoso per dimostrare che Manuela non si fosse tolta la vita ma in realtà era vittima. Dovevamo partire dal debellare la storia del suicidio. Non ci siamo mai sentiti prossimi alla verità. Oggigiorno forse sì, forse siamo più vicini. Perché siamo a un punto fermo: c’è stato un omicidio e purtroppo anche una violenza. Adesso abbiamo anche ritrovato gli abiti. Adesso ci sentiamo di avere più speranza nel risolvere il caso. Sono passati 30 anni, ma siamo a un punto fermo importante.

Dalla perizia effettuata dal dottor Demontis sarebbe emerso che le lesioni e le ferite presenti sul corpo non sarebbero compatibili con una caduta dall’alto di circa 30 metri, la profondità della gola dove è stata trovata. Ma sarebbero riconducibili a un impatto con un auto. Non solo. La ragazza, in base a questa consulenza, non sarebbe allora stata gettata, ma sarebbe stata portata nello sterrato del canyon di Tuvixeddu: in base a queste nuove ipotesi, che idea vi siete fatti?

Elisa: L’idea che ci siamo fatti dopo la consulenza del dottor Demontis è una idea che abbiamo sempre avuto. Quello dell’investimento stradale. Perché era già emersa nel 1995. Scritta anche negli atti. Che poi però si abbandonò. Questo per noi è sempre stato inaccettabile. Ricordiamo che a Manuela è stato attribuito l’ipotesi del suicidio perché è stata ritrovata al di sotto del canyon. Perché se fosse stata ritrovata da un’altra parte, con tutte quelle lesioni, non si sarebbe mai parlato di precipitazione. È accaduto perché lei è stata ritrovata sotto il canyon. Il dottor Demontis ha risistemato punto per punto una autopsia che ha sempre lasciato dei seri e grossolani dubbi. Il lavoro del dottor Demontis è stato meticoloso, preciso, un lavoro che ha rimesso a posto tutte le note stonate della storia di Manuela.

Pensate che l’assassino di Manuela sia ancora vivo? O forse in questi trent’anni possa essere deceduto portandosi con sé la verità?

Anna: Penso che l’assassino di mia sorella sia ancora vivo. E che non sia opera di una sola persona, ma di più persone. Quello che mi sento è che siano tutti vivi.

Come si convive, se si convive, con un dolore così?

Gioele: Comunque con un dolore così, ci si convive…. Più che altro il dolore lo si trasforma in forza.  Per quello che è successo a Manuela e per quello che stiamo continuando a scoprire.

Cosa vi spinge ad andare avanti alla ricerca della verità?

Anna: L’amore grandissimo che abbiamo sempre avuto e abbiamo verso nostra sorella Manuela. La giustizia. In primis per lei e per la nostra famiglia. E voler avere delle risposte reali e concrete dopo 30 anni. Per sapere cosa le è successo e perché. È doveroso. Per lei, per noi. Ma anche per tutta la comunità.

Che idea avete di Manuela e quanto vi sentite legati a lei?

Elisa: Avvicinarci alla sua bellezza è molto difficile. Soprattutto alla bellezza interiore. Alla sua purezza. Era una ragazza splendida. Un fiore. Nella sua vita avrebbe comunque fatto qualcosa di straordinario. Può assomigliare a noi nell’amore enorme per i fratelli. L’unica cosa che ci lega è l’amore che ci lega. Non c’è niente di più bello.

Che sostegno avete ricevuto dai cagliaritani e non cagliaritani in questi anni? 

Gioele: Abbiamo ricevuto tantissimo sostegno. Soprattutto quando abbiamo deciso di creare le pagine social “Giustizia per Manuela Murgia”. Tantissime persone si sono appassionate della storia di Manuela. Hanno iniziato a seguirci. Hanno iniziato a darci sostegno. Non solo da Cagliari, ma anche da tutta la Sardegna e dall’Italia. Ci danno la forza per continuare e ci alleggeriscono il peso di questa battaglia.

Per Gioele: il fatto di non aver vissuto in prima persona quel dolore, ha dato un spinta, un orgoglio in più per la ricerca della verità?

Gioele: Il mio dolore è dato dal fatto che mi hanno privato di mia sorella, privato del suo amore e del fatto che non ho potuto conoscerla. Tutto questo mi ha dato la forza di poter intraprendere questa battaglia insieme alle due mie sorelle. Voglio arrivare alla verità affinché Manuela possa poter riposare in pace.

(Intervista realizzata dalla redazione di Cagliaripad in collaborazione con lo staff de Il Sassarese Medio)

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