(Crediti foto: Ansa)

27 gennaio 1945: le truppe sovietiche arrivano ad Auschwitz e scoprono il vicino campo di concentramento, liberando i superstiti ancora presenti. E’ per questo motivo che dal 2005 le Nazioni Unite hanno scelto di celebrare la Giornata della Memoria, una ricorrenza nata per non dimenticare mai le vittime dell’Olocausto.

Una delle più tragiche pagine della storia che coinvolse anche la Sardegna. Tra i deportati nei campi di concentramento infatti ci furono oltre 10mila sardi. Del tema ne abbiamo parlato Valeria Deplano, professoressa di Storia Contemporanea all’Università degli studi di Cagliari.

Cosa significa oggi commemorare la Giornata della Memoria?

È una domanda complessa. La risposta semplice e banale è che con il tempo non si perda il ricordo del fatto che c’è stato un periodo in Europa in cui il razzismo e la discriminazione sono stati la legge e hanno portato allo sterminio di milioni di persone. Però in realtà non è soltanto questo. Quando è stata istituita, lo si è fatto per mettere dei paletti chiari su quali sono le fondamenta su cui l’Europa attuale si riconosce. Guardare sì al passato, ma per costruire il futuro. Questo è il significato vero della Giornata della Memoria e del suo continuare a celebrarla.

Che rapporto c’è tra memoria e storia?

La memoria è una scelta, una selezione. È il frutto di scelte che si fanno. Non è il replicare nella mente tutto quello che è successo nel passato, ma è una scelta di quello che riteniamo importante portarci nel presente. I criteri di quella scelta ci dicono molto del presente che noi vogliamo costruire. Di chi siamo e via dicendo. Questo vale sicuramente anche della Shoah. Che cosa vogliamo ricordare noi di quel passato? Il Nazismo, i campi di concentramento, che è giusto, o perché quel tipo di politiche sono state possibili, sono state accolte anche dalla società civile e sono state normalizzate. Forse questo ci serve anche di più da ricordare oggi e forse è quello che meno passa nel modo di celebrare maggioritario, non assoluto, la Giornata della Memoria.

Si parla spesso di “Storia come maestra di vita” che aiuta a non ripetere gli errori del passato, ma considerando anche quello che succede oggi a livello internazionale sembra più un luogo comune.

Io penso che l’idea che la Storia sia maestra di vita sia illusoria in generale. Lo sappiamo che in realtà insegna poco, soprattutto la questione di non ripetere le stesse cose. Le cose non si ripetono uguali, quindi basta quella differenza per trovare una exit strategy da questo discorso. La storia dovrebbe insegnare a chi non la vuole ripetere a capire per tempo i segnali, quando sta succedendo qualcosa di simile, e anche a non comportarsi allo stesso modo. Anche qui siamo un po’ fallimentari. Il “di più” che ha la Giornata della Memoria è la scelta di istituzionalizzare una memoria e quindi renderla in qualche modo indiscutibile. Anche questo, se eticamente e moralmente giusto nei riguardi di questa celebrazione del 27 gennaio, non so se metodologicamente sia il modo migliore per mantenere la vitalità dei significati che ci sono dietro.

Quanto fu partecipe il Fascismo nello sterminio?

Bisogna ricordare che la Giornata della Memoria che nasce dalle Nazioni Unite è del 2005. Il Parlamento italiano aveva istituito già dal 2000 una giornata che poi dopo vari dibattiti era sempre stata fatta cadere il 27 gennaio, che fa riferimento non solo alle vittime dell’Olocausto, che immediatamente ci richiamano alla memoria il Nazismo, ma anche i deportati militari e politici italiani nei campi nazisti e chi si era opposto a queste pratiche. Sebbene non sia citata esplicitamente dalle norme, l’Italia fascista è coinvolta in questa storia da una parte per l’emanazione delle leggi razziali, che ormai la storia ha dimostrato non essere nate come contentino per l’alleato Hitler, ma come frutto di una elaborazione autonoma del Fascismo. Dall’altra parte, il fatto che poi quando si è arrivati alla messa in pratica anche in Italia della soluzione finale, quando sono iniziati i rastrellamenti finalizzati alla deportazione nei campi di sterminio, questi sono stati fatti non solo dai nazisti ma dalle autorità italiane, dai fascisti e con il contributo attivo di delatori italiani, quindi anche della società.

E in Sardegna?

All’Università di Cagliari ci furono delle epurazioni. Ci sono stati oltre 10mila deportati sardi che sono stati internati nei campi nazisti. Alcuni dopo l’8 settembre sono stati a loro volta imprigionati e deportati. Ad esempio, ci sono degli studi sul “Trasporto 81” (un convoglio della deportazione dall’Italia ai lager nazisti, in cui finirono anche 15 sardi), un lavoro che è stato svolto dal presidente dell’Anppia (Associazione nazionale perseguitati politici italiani antifascisti) Alberto Bocchetta, il nipote di Vittore Bocchetta, che è stato uno dei deportati sardi.

Gli studenti invece che percezione hanno della Giornata della Memoria?

Secondo me è una domanda cruciale. La Giornata della Memoria alla fine è davvero celebrata soprattutto nelle scuole e nelle università, non tantissimo fuori, o comunque con molta meno risonanza. Su questo c’è un po’ di dibattito su quanto i significati più profondi della Giornata della Memoria siano davvero veicolati e quindi entrino nel patrimonio culturale degli studenti e delle studentesse, in Italia in particolare. Perché, se è vero che è difficile trovare qualcuno che è stato a scuola dagli anni 2000 a oggi che non sa che cosa è il 27 gennaio, non è altrettanto facile misurare che cosa si sa, quanto si vada oltre l’empatia e quanto invece sia radicata la conoscenza. Sapere che non è semplicemente importante riconoscere l’orrore dell’Olocausto, ma capire quanto il razzismo abbia varie forme e come prima dell’olocausto ci siano tutta una serie di passaggi che magari in maniera meno eclatante possono essere replicati e ritrovati anche in epoche più vicine a noi. Ci sono dei dibattiti su questo perché c’è qualche segnale che un problema ci sia. Chi si occupa della storiografia e di educazione in generale riflette su come queste giornate possano e debbano essere trasformate e interpretate in qualcosa che vada al di là della mera celebrazione.

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