Musicista, speaker radiofonico, podcaster, autore e responsabile marketing: il rapporto instaurato da Alessandro Pieravanti con la comunicazione è qualcosa di intenso. Gli ha permesso di esplorare i tanti lati del rapporto con gli altri, sotto forme via via diverse.

Il programma “De Core” condotto assieme a Danilo da Fiumicino è uno dei prodotti più genuini e apprezzati del mondo podcast italiano. Tanti gli ospiti noti, coi quali raccontare quanto “di cuore”, quali legami profondi ci sono tra loro e un luogo, un lavoro, un fatto. Senza mai mancare quel lato ironico che alleggerisce i discorsi e fa sorridere anche la mente.

Ma per Alessandro Pieravanti non c’è solo questo. Ha raccontato Roma e la società da cui è avvolta per 14 anni come voce narrante e musicista nel gruppo Il Muro del Canto. Le sua abilità musicali sono tra le più stimate in Italia, così come la capacità di trasportare il pubblico dentro storie e poesie, canzoni e piccoli tasselli di vita quotidiana.

Ai nostri microfoni ha raccontato tutto questo. E il suo rapporto con la Sardegna, fonte di esperienze e bei ricordi.

Cosa c’è di te, della tua esperienza, delle tue conoscenze in ciascuno dei lavori compiuti in questi anni?

Tutte le cose che ho fatto le ho sempre ritenute frutto di un unico punto di partenza. Ovvero l’esigenza di trovare un canale di comunicazione con gli altri. Poi al di là della forma che ho utilizzato, che sia stata la musica, la poesia, i libri o le interviste, l’intenzione era sempre la stessa. Non faccio tante cose, ma ne faccio una sola: cercare di parlare e ascoltare gli altri.

Da piccolo sognavi di aver a che fare con la musica? Quando hai maturato la consapevolezza di voler comunicare sul palco?

Da piccolo non avevo mai immaginato di voler fare il musicista. Nasce quando per emulazione di mio fratello più grande trovo una batteria dentro casa e mi avvicino a questo fantastico mondo. Divento prima batterista. Poi inizio a capire quanto fosse bello raccontare le proprie cose, quindi inizio a scrivere testi. E da lì in poi mi sono innamorato del concerto dal vivo, delle registrazioni, di tutto quello che era il rapporto col pubblico, ma anche con se stessi e con gli altri musicisti. Quella è una cosa che ti prende e difficilmente ti lascia. Ma l’ho capito nel tempo.

Cosa ti dà Roma e cosa toglie? Quanto è “de core”?

Roma è totalmente “de core”. E proprio per questo ti dà tutto e ti toglie tutto. È disarmante. Ho provato a raccontarlo nel finale del brano scritto con Piotta, “7 vizi capitale. E li dico che Roma è una madre premurosa, che te mena e ti accarezza. E quindi ti fa male e ti vuole bene allo stesso tempo. Devi avere un po’ la corazza per viverci, però se ti ci abitui e capisci lo spirito giusto, ti rendi conto che ti restituisce tantissimo. Come ti restituì tantissimo la storia e tutti i fatti avvenuti in questo territorio. Permeano la città. Senti questa ricchezza e questa bellezza che ti pervade.

Quali sono i tuoi riferimenti culturali da cui prendi spunto (direttamente o indirettamente) per ciò che fai?

Quando ero più giovane avevo dei riferimenti culturali più netti. C’erano cose che mi piacevano. Dunque ti potevo elencare registi, musicisti, attori, scrittori che mi ispiravano. Oggi mi sono un po’ distaccato da riferimenti diretti. Cerco di avere un atteggiamento molto più libero. Amo tutte le cose fatte bene, che aprono dei mondi. Molto spesso sono cose inaspettate. Non avere riferimenti culturali è fondamentale. Averli poi ti preclude la possibilità di essere stupito da altro. Perché si ha una visione troppo univoca delle cose. Cerco di prendere spunto da ciò che vedo, sia contemporaneo che da un passato remoto.

C’è un momento, di questi anni e del tuo impegno in tanti settori, che quando ci ripensi ti fa sorgere un sorriso? Qualcosa che ricordi con piacere..

Te ne dico uno del presente e uno del passato. Dal passato mi strappano un sorriso tutte quelle situazioni che il suonare o portare un contenuto artistico aveva una valenza più ampia. Penso a tutte le volte che siamo stati nelle carceri a suonare, alle volte in cui c’era da dare un aiuto a livello sociale che si poteva dare con la musica e con l’impegno. Tutti quei ricordi mi strappano un sorriso perché mi ridanno un po’ il senso dello sforzo fatto. Del presente mi strappa il sorriso “De Core”. Perché è una storia di un incontro tra me e Danilo che è qualcosa di speciale. Che si rinnova ogni settimana, in ogni puntata, con qualcosa che non ti aspetti. Quindi ogni volta c’è il brivido della scoperta. Il fatto di farlo in due, con una persona che stimo, contaminati dall’ospite che viene, mi strappa un gran sorriso. Perché è un arricchimento prima di tutto per me e per noi, e poi spero anche per chi ci ascolta.

De Core è uno dei podcast più apprezzati e ascoltati in Italia. Secondo te cosa convince gli ascoltatori e quanto è facile (o difficile) produrre un contenuto come quello?

In tutte le cose che si fanno paga l’autenticità. Cerchiamo di proporre un contenuto non costruito, senza secondi fini, senza mire di successo. Semplicemente per la bellezza di farlo. Credo che questo arrivi. Ci lavoriamo tantissimo, ci prende full time perché cerchiamo di trasformare i contenuti lunghi in brevi per i social. Cerchiamo di far sì che la nostra presenza, il nostro contenuto arrivi un po’ a tutti e per farlo bisogna un po’ presidiare tutte le piattaforme. Contemporaneamente scrivere le puntate nuove, lavorare sugli ospiti. È davvero un lavoro enorme, però chi ci segue ci ripaga al 100% col proprio apprezzamento.

Che legami hai con la Sardegna? Un luogo, delle persone, un concerto che ti lega all’isola

La Sardegna è un posto magico. Ogni volta che ci arrivo mi sento immerso in una storia che apprezzo, che mi affascina, mi piace sotto tutti i punti di vista. Ci sono stato spesso, mi ci sento legato. È un territorio speciale. Se ripenso a qualcosa fatto in Sardegna, sicuramente ricordo quando feci un tour qualche estate fa e fu una esperienza bellissima. Aprimmo un concerto di Ben Harper, fu in un posto bellissimo (al Parco dei Suoni di Riola Sardo, nda). Amo la Sardegna, il popolo sardo. Credo sia la dimostrazione di come ci siano tante ricchezze in Italia e come l’Italia sia fatta da tante piccole cose che compongono un territorio unico e incredibile.

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