(Foto credit: Ansa)

Lo scorso fine settimana un detenuto del carcere di Uta era stato ricoverato in ospedale dopo aver tentato un gesto estremo. Purtroppo quest’oggi si è spento in ospedale.

L’uomo 27enne però si è reso autore di un nobile gesto prima di morire, ovvero aveva messo per iscritto la volontà di donare i suoi organi. Consenso poi ribadito dai familiari.

Particolarmente colpita dalla questione, la garante delle persone private della libertà, Irene Testa, ha voluto scrivere una lunga lettera al Ministro Nordio.

“Da giorni penso e ripenso a quella visita, a cosa avrei potuto fare. Lo avevo incontrato due giorni prima che compisse il gesto disperato. Aveva catturato la mia attenzione perché a differenza di altri non chiedeva niente” riporta la garante.

“Era seduto pensieroso davanti alla finestra della sua cella. Gli ho domandato se stava bene. Sembrava spaesato, come se quella dimensione non fosse per lui. Occhi azzurri e volto pulito, lo facevano apparire come un corpo estraneo all’interno di un contenitore di dolore – ha continuato – Mi ha detto che stava leggendo un libro che teneva sulla branda e che aspettava il nulla osta per poter andare in comunità”.

Testa poi parla l’allarme che aveva in qualche modo lanciato il suo compagno di cella: “Il compagno di cella si preoccupava per lui, ripeteva in continuazione che non stava bene e che aveva già tentato il suicidio. G. O. era in custodia cautelare e si trovava in carcere per il fallimento a vari livelli anche delle agenzie territoriali. Doveva essere curato non custodito“.

“Continueremo, Ministro, a esigere che anche chi ha sbagliato – conclude la garante – goda di una detenzione improntata allo Stato di Diritto e che la pena rispetti il senso di umanità. Anche se siamo stanchi e scoraggiati continueremo imperterriti a batterci affinché si interrompa questa flagranza criminale e criminogena, di uno Stato che si volta dall’altra parte”.

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