Nel 2024 in Italia le vittime di femminicidi sono state 96, di queste 7 nella sola Sardegna. Sono alcuni dei dati allarmanti che balzano all’occhio in giornate come quella odierna, in cui ci si focalizza sul contrasto alla violenza sulle donne.
Il 25 novembre, infatti, non è mai una data come le altre. È un punto di riferimento per tutti coloro che si ergono a paladini dei diritti umani, della parità di genere e della giustizia sociale.
È però, soprattutto, un’occasione per fermarsi a riflettere e per cercare di individuare che cosa non stia funzionando nella nostra società.
Perché quando eventi del genere si ripetono in modo incessante, come purtroppo è avvenuto in questi ultimi 11 mesi in Sardegna, vuol dire che almeno qualche comune denominatore esiste.
Negli ultimi tempi il numero dei femminicidi in Sardegna è cresciuto sempre di più, ma mai come quest’anno. Rispetto al 2023, Carla Puligheddu, garante per l’infanzia e l’adolescenza della Sardegna, ha evidenziato come ci sia stato un aumento del 200%.
Si tratta di dati che trovano parziale conferma anche nei resoconti forniti dall’Istat, che si riferiscono però al 2022. In tale anno, in Sardegna si erano contate 613 vittime di violenza: nel 52,3% dei casi era stato denunciato un atto persecutorio, mentre per circa il 30% si era parlato di percosse e per il 18% di una violenza sessuale.
Davanti alle tragedie però c’è sempre un rischio, ovvero quello di rimanere inermi. Da un lato c’è chi non riesce a reagire, dall’altro chi invece non riesce a vedere il problema e decide, per moda, di seguire una logica gattopardesca.
Puntualmente questi temi ritornano in auge vicino a giornate come quella odierna o dell’8 marzo. Poi arriva il periodo di oblio da cui si riemerge nel momento in cui questi tristi fatti ritornano alla ribalta.
Non basta una giornata, non basta un tratto di penna rosso sul volto, ma tutto può essere un buon punto di partenza affinché il cambiamento, quello vero, si verifichi una volta per tutte.
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