Il sorriso con cui Rose Aste accoglie le persone è contagioso. La prima sensazione è che sia timida. Poi quando inizia a parlare è luce che riempie l’ambiente.

Il  film “Anna” le ha dato diversi premi e ottime recensioni. E un risalto nazionale che ben presto – c’è da scommetterci – la lancerà verso nuovi orizzonti.

Qualche settimana fa ha incantato tutti a Guasila, nel reading che ha riletto uno dei testi più noti e amati di Giulio Angioni. Con una interpretazione che ha mostrato alla mente luoghi, personaggi, dinamiche raccontate in “L’oro di Fraus”.

Al Festival dell’Altrove hai portato in scena “L’oro di Fraus” di Giulio Angioni. Cosa vuol dire trasportare una storia dal testo alla narrazione verbale?

Portare in scena una storia scritta è sempre un po’ complicato. Perché parola scritta e parola detta sono due cose differenti. Occorre riprendere il testo dell’autore con massimo rispetto e renderlo fruibile per l’ascolto. Che è un po’ quello che viene fatto con gli audiolibri, ma quando sei in scena hai un rapporto diretto col pubblico. Quindi è ancora più bello. Per questo libro nello specifico, si è trattato di un giallo. Non è possibile basarsi sul gusto, ma occorre ragionare sulla trasposizione verso il pubblico. La cosa più complicata è stata condensare questo giallo incredibile in una lettura di 50 minuti. Il pubblico mi pare sia rimasto contento del risultato finale.

Nella preparazione di un reading, quali sono le emozioni?

Ci sono diverse fasi quando si preparano questo tipo di lavori. La prima quando fai la lettura privata del libro, sei immerso nella storia. Rimani col fiato sospeso, ti fai una idea. Poi c’è una seconda fase in cui una storia prende nuovamente vita. Ovvero quando inizi a renderlo performativo: inizi con le letture a voce alta, crei le voci dei personaggi, immagini i ritmi dello spettacolo. Lì c’è una nuova emozione che si svela in un certo modo.

A proposito di fasi: che fase è per te e la tua carriera?

Che fase è? Di enorme apertura. C’è stata la distribuzione del mio primo film da protagonista, ho appena finito il set di un altro film, sono in Sardegna per dei lavori – cosa che per me è un grande orgoglio e mi fa sentire a casa.

Quanto è difficile (o facile) per una attrice sarda superare il mare e cogliere delle soddisfazioni personali?

È complicato. Ma è anche il mestiere dell’attore, in generale, molto complicato. Non so dire se la difficoltà è nell’essere donna, certo c’è più pressione su certi aspetti. Bisogna magari rispettare certi canoni estetici. Oppure, una banalità: io sono abbastanza alta per gli standard e sai già che questo sarà un problema. Perché convenzionalmente il ruolo maschile deve essere più alto della donna. Sono piccolezze. Ma sono anche quelle cose che possono avere un peso o meno in un provino. Di certo in questo mestiere bisogna avere tenacia, perseveranza. Perché i no, le delusioni, le porte in faccia ci saranno sempre. Però con la tenacia arriva anche la chiamata che ti riporta sulla giusta strada. Anche la fortuna è una componente importante, come essere al posto giusto al momento giusto. Se ci si crede, ad un certo punto ci si riesce.

Cosa porti delle tue origini nel lavoro che compi?

La mia sardità è sempre presente. Sono una persona tenace, che crede in quello che fa. Anche solo il fatto di essere sarda è un plusvalore. In questo momento, ad esempio, il cinema si sta aprendo tanto alla dialettalità, alle lingue, alle differenze regionali che prima non venivano valorizzate. Prima magari si puntava tanto sulla dizione perfetta, che poi è diventato all’improvviso lo sdoganamento dell’accento romano. Tutti erano romani. Poi il napoletano. Ci sono state diverse fasi. Ora si sta sdoganando tutto. Che è giusto. È importante. Ed è un valorizzare le ricchezze. Io sono sarda. Avere questa specificità significa avere una ricchezza speciale che qualcun altro non ha e che può essere una marcia in più.

Negli ultimi anni, in particolare la Rai, si sta puntando tantissimo sulle serie tv legate ad un luogo specifico d’Italia. Arriverà anche una serie ambientata in Sardegna?

Secondo me sì, arriverà presto. Anche grazie al grande lavoro che sta facendo il Sardegna Film Commission. Che in questi anni ha aperto nuovi orizzonti per l’audiovisivo sardo. E poi qua in Sardegna abbiamo tante belle storie da raccontare. E ne ho già in mente qualcuna.

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