La transizione energetica è il tema che ha acceso maggiormente gli animi dei sardi durante l’estate. Uno scontro mediatico su una possibile speculazione in atto che ha messo la giunta Todde di fronte alla richiesta di parte della popolazione (comitati, amministrazioni, cittadini) di governare, quando bloccare, i progetti in corso.

La Regione Sardegna sta provando a disciplinare i processi. Prima con l’approvazione della Legge 5, poi con gli incontri nei territori, e di recente con la legge sulle aree idonee.

Una legge, quest’ultima, che sta infastidendo il governo e i suoi piani, come ha reso noto il ministro Pichetto Fratin. Ma che di fatto garantirebbe le volontà dei sardi da un lato e una regolata transizione energetica dall’altro.

L’assessore Francesco Spanedda ha raccontato ai nostri microfoni tutti i passaggi effettuati in questi mesi in termini di pianificazione regionale, ascolto della popolazione e proposta.

Che tipo di lavoro è stato fatto dalla Regione Sardegna in questi mesi? 

Per quanto riguarda l’assessorato Enti Locali, abbiamo una serie di questioni che andremo a chiudere a breve. C’è un ragionamento che stavamo facendo sulla questione dei balneari e uno sulla pianificazione regionale. Possiamo vedere contemporaneamente cosa succede sul territorio, il modo in cui lavorano le popolazioni e il modo in cui sono organizzate. All’interno del discorso della pianificazione si inserisce quanto successo in conseguenza al decreto ministeriale sulle aree idonee. Prima la legge 5 che è stata fatta per consentirci di ragionare su una pianificazione del territorio, sul piano energetico regionale e eventualmente sull’individuazione delle aree idonee, senza aver a che fare di fatto con una pianificazione prodotta dalle domande che erano state inviate a protocollo, che riguardavano quei famosi 56 gigawatt per cui era stata richiesta l’installazione. Per cui la legge 5 ci ha permesso di lavorare in tranquillità, sospendendo tutte le realizzazioni. E, nel frattempo, abbiamo iniziato a lavorare sulla legge delle aree idonee. Che, da un lato è l’inizio di una riflessione su alcuni aspetti del territorio. Ci ha fatto capire che ci sono anche altri aspetti importanti da affrontare riguardo l’urbanistica.

La legge sulle aree idonee a cosa serve?

La legge sulle idonee ci permette di mettere a regime tutta una serie di informazioni di cui abbiamo bisogno per avviare la pianificazione regionale. Per cui possiamo iniziare a fare un primo ragionamento sulle energie rinnovabili e sulla possibilità di introdurre una serie di aspetti di flessibilità in cui l’innovazione tecnologica e il cambio degli stili di vita sono molto importanti. Per cui la legge permette alle popolazioni locali attraverso gli enti di decidere sul loro futuro.

Di fatto favorisce la transizione energetica, tutelando il territorio. Abbiamo subìto una accusa di ideologia per cui gli allegati delle aree non idonee sono più corposi di quelli delle aree idonee. Stiamo semplicemente fotografando la situazione del territorio sardo. Che non è diversa da ogni altra regione italiana. Il problema delle fonti rinnovabili rispetto a quelli fossili è che le prime occupano più spazio. E molti spazi sono già occupati. Dunque c’è la necessità di capire come queste nuove modalità di produzione di energia si vadano a insediare in un territorio già organizzato, dove ci sono aspetti strategici da tenere conto. Come la produzione agricola, gli aspetti ambientali, culturali, e così via. La legge stabilisce i livelli di protezione del territorio: noi abbiamo aggiunto alcuni livelli di protezione specifici per la Sardegna. Come quello delle aree che sono importanti per lo spegnimento degli incendi, quelle relative agli impegni che la Sardegna sta prendendo con l’Einstein Telescope e l’Unesco, che non possono essere compromessi da trasformazioni nel territorio che sono in contrasto con queste procedure. Sostanzialmente abbiamo trovato delle aree idonee in quelle che sono le pieghe del territorio. Cioè quelle aree che non vengono più “viste”, come le zone dismesse industriali. Possiamo riuscire a raggiungere la produzione energetica che ci serve, senza impiegare una grande presenza nel territorio. E non permetterà, rispetto al precedente quadro normativo, di porre una spilletta sulla cartina senza chiedere il permesso al proprietario del terreno o all’amministrazione. Capisco che questo porti un turbamento, ma in realtà stiamo semplicemente chiedendo di fare progetti che rientrino all’interno delle possibilità di trasformazione del territorio. Una cosa importante: per avviare una transizione energetica importante, abbiamo inserito all’interno della legge una parte finanziaria per incentivare le fonti di energia rinnovabile e una clausola di flessibilità che permette alle amministrazioni, con dibattito pubblico, di proporre degli interventi che servano per progetti specifici che siano utili alle varie comunità. È un sistema che da un lato protegge e dall’altro permette uno sviluppo tecnologico. È possibile che negli anni il fabbisogno e le necessità cambieranno in maniera rilevante, riducendo gli impatti. Questa norma insegue i cambiamenti futuri.

Ha ripetuto spesso la parola “Pianificazione”. Quanto e perché è così importante pianificare?

Le attività vanno disciplinate. Lo abbiamo visto con la questione del fotovoltaico. C’è un grande tema attuale: c’è una necessità di adattamento alle mutate esigenze degli stili di vita e alle pressioni che esercitano le forze del mercato. Abbiamo un Ppr che è stato pensato soprattutto per evitare la speculazione edilizia sulle coste dell’isola. E poi ci siamo trovati con una pressione speculativa all’interno dei territori con le energie rinnovabili. Questo è chiaramente un cambiamento completo di prospettiva. La pianificazione serve per disciplinare queste attività e contemporaneamente bisogna trovare un modo di concepire un metodo sufficientemente flessibile e che sia in grado di continuare ad aggiornarsi sulla base di quello che succede nel mondo. C’è la necessità di darsi un orizzonte. I piani sono fatti per discutere del proprio futuro e inquadrare la direzione in cui andare. I piani sono necessari, servono per chiarirci le idee.

Sulla Legge 5 ci sono state tante polemiche. Blocca, non blocca, serve, non serve. Allora proviamo a fare un quadro: ha bloccato la speculazione energetica in questi mesi?

La Legge 5 ha bloccato tutte quelle proposte a protocollo che non avevano ancora iniziato una trasformazione irreversibile dei luoghi. Quelle che avevano già proceduto all’avvio dei lavori non sono state bloccate perché non è stato possibile. Avevano acquisito un diritto che avrebbe portato la Regione a fare i conti con una serie di rimborsi esorbitanti rispetto alle nostre possibilità. Gli interventi di questo genere però sono una quantità esigua, molti sono di piccola taglia rispetto a quelli che erano a protocollo e stavano maturando la possibilità di essere realizzati. Non blocca e non ha bloccato gli interventi per l’autoconsumo e quelli finalizzati alle comunità energetiche e alle opere pubbliche. La Legge 5 ha lasciato in piedi i casi più controllati e ha sospeso tutti quei casi in cui c’era bisogno di una riflessione perché avrebbero potuto poi portare a cambiamenti irreversibili nei territori.

In queste settimane avete incontrato i comitati e gli enti locali per provare a definire meglio le esigenze dei territori dell’isola. Qual è il risultato di questa iniziativa?

Per prima cosa siamo arrivati a costruire un canale con loro. Francamente era la cosa giusta da fare di fronte ad una situazione di conflittualità, di pareri diversi, e di difficoltà nel capire quali fossero le esigenze delle popolazioni – anche a causa di una campagna mediatica molto forte. La soluzione migliore era quella di andare a parlare con loro per istituire un canale diretto. Abbiamo trovato da parte di tutti la possibilità di ascoltare e essere ascoltati. Questa è stata una cosa molto positiva. È prezioso avere diverse voci all’interno di un dibattito. La cosa importante però è che queste voci si ascoltino, si parlino e riconoscano le differenze all’interno di un clima di ragionevolezza. Questo è il vero risultato di una operazione che vogliamo continuare. Grazie a questo dibattito abbiamo ricevuto molte informazioni. In particolare su quanto stesse succedendo effettivamente nei territori. Sappiamo che ci sono stati operatori del campo delle rinnovabili che si sono comportanti correttamente con le amministrazioni. Abbiamo registrato il parere di sindaci che volevano costruire la centrale eolica nei loro terreni. Molti ci hanno chiesto di poter utilizzare i terreni a usi civici una volta condivisa questa idea con la popolazione. Poi abbiamo ascoltato storie di sindaci che venivano non adeguatamente rispettati, a cui veniva detto di far iniziare i lavori subito nonostante la presenza della Legge 5. Che, ricordo, finché non viene impugnata dalla Corte Costituzionale, è ancora vigente. Oppure sindaci che avevano rimandato al mittente progetti in cui nelle relazioni si citava un altro sito rispetto a quello in cui sarebbero iniziati i lavori. Così abbiamo capito i limiti e le dimensioni del problema. Bisogna riuscire a discriminare e a dare spazio alle aspettative delle popolazioni, perché il territorio è loro. La Regione deve aiutare le popolazioni a gestire il proprio territorio. Poi ci sono delle realtà imprenditoriali che sono sane rispetto ad altre che sono meno sane. È stato importante sentire i sindaci e le loro esperienze.

Il rapporto col governo invece com’è?

È un rapporto descritto da tante sfaccettature. Dal fatto che stiamo contestando l’autonomia differenziata. La nostra Legge 5 viene impugnata dal governo con una richiesta di sospensiva urgente, una misura utilizzata per la seconda volta nella storia della Repubblica italiana. Abbiamo espresso un parere negativo sul piano dello spazio marittimo fatto dal governo, che lede una serie di interessi non solo nostri. Contemporaneamente, la legge sulle aree idonee rientra all’interno del decreto fatto dal ministro Pichetto Fratin. Non c’è un approccio ideologico, come dicono, ma molto pratico.

I prossimi passi quali saranno?

La legge sulle aree idonee è solo un tassello di un processo complessivo che riguarda un ragionamento sulla pianificazione regionale. Un primo inizio per arrivare al piano energetico regionale che compete all’assessorato all’industria e, anche, questa legge ha molto a che fare con l’agenzia sarda per l’energia. Che è un passo successivo, importante, per gestire questa soluzione di energia all’interno della Sardegna. Guidando la transizione dal fossile al rinnovabile.

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