Un anno senza Michela Murgia nel mondo della cultura italiana. Tanti i messaggi di cordoglio, tra i quali è spuntato quello struggente e intenso dell’amico e scrittore Roberto Saviano.
“È tutto ancora qui, nulla è passato, nulla è stato elaborato. Vivo nella scissione geometrica tra la mente che sa cosa è accaduto e il corpo che continua ad attendere il suo ritorno, patendo il ritardo.
Un anno senza Michela. Oggi non è sufficiente il conforto di saperla presente, nelle sue parole declamate. Nell’amore dei molti. Oggi ho solo voglia di vendicarmi, di riconoscere qualcuno colpevole dell’ingiustizia della morte, oggi sono dominato dal rancore, quando inciampo in qualche infame svelenante e lo vedo attardarsi negli anni maturi lo sento abusivo. Perchè Michela no e lui ad invecchiare? La vita non ha nulla di giusto è antico sapere ma ci dà scandalo coglierlo quando ne abbiamo prova.
Vacuità dell’insofferenza alla sofferenza. Oggi non mi è dato sopportare assenza. Voglio sia qui. Perchè non ci sei? Non sopporto il vuoto. Un anno senza Michela trascoro ad almanaccare cosa direbbe, cosa farebbe, come litigheremmo, certamente rideremmo e come riuscirebbe a palcare questa rabbia che non approverebbe. Il fuoco non si placa ma si puo’ circoscriverlo e sedersi intorno, smette l’incendio diventa inizio di compagnia.
Nessuna promessa che ci eravamo fatti sono riuscito a mantenerla, ho disatteso tutto. Non sono riuscito a smontare questa vita, a fuggire dalla fogna. A riprendere il controllo dell’esistenza, mi sento in colpa e poi penso, nemmeno tu sei riuscita a trasferirti a Seul. Patta. Ma Michela non c’e’, ora puó non stare in scena, a prender colpi, a ficcare ali sulla schiena delle persone per togliergli colpa e infodere l’ipotesi della felicita’, la gioia della ricerca di giustizia. È vero ora puó permettersi la pace, la pace del silenzio che forse l’avrebbe protetta anche in vita, che forse non avrebbe consumato tutto così velocemente.
Da questo dolore non ho appreso nulla e non ne esco. Forse non ne voglio uscire temendo di farla scivolare dalla spalla, dove era l’ultimo giorno. Si sceglie di scrivere per non stare nella solitudine e nel mandato di non far stare soli coloro che incontreranno le parole. Solo insieme esiste la festa del vivere e la sopportazione del dolore. Michela senza di te è tutto insopportabile. Amen”.
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