È una situazione d’emergenza quella dell’ospedale San Martino di Oristano. Nel reparto di Oncologia sono state sospese le attività di follow-up, quelle visite periodiche per le persone che hanno avuto una diagnosi di tumore. Verranno garantite soltanto quelle ai pazienti che si trovano in terapia attiva.
Restano tre medici a fare il possibile per tentare di garantire il minimo delle cure. Ma i pazienti ricoverati in terapia attiva sono 450 e la strada sembra sempre più in salita.
Dopo le proteste dei cittadini, che si son visti negare il controllo per assenza di medici, arriva anche la denuncia del Comitato per il diritto alla salute. “L’errore che tutti possiamo fare – scrive in una nota – è pensare di avere del tempo, ancor più se nel suo trascorrere dimentichiamo la situazione sanitaria regionale e, in particolare della nostra Provincia […] Ci si chiede perché vi sia una evidente riduzione del personale medico, perché non si è capaci di rendere il nostro ospedale attrattivo per i giovani medici, perché non si prendono decisioni “veloci” per patologie così importanti”.
“Al problema delle difficili visite di controllo – continua la nota – si aggiunge quello della mancanza dei medici di base: soltanto nel Terralbese a luglio mancheranno 5 medici, si rischia di avere un medico per 10.000 abitanti. La stessa situazione si ha nei paesi del circondario. L’alternativa per avere una ricetta è l’Ascot, ma non possono sostituire l’importante lavoro del medico di base. Inoltre anche questi sono a rischio chiusura per mancanza di fondi”.
“Come cittadini, – si legge ancora – come pazienti, come Comitato siamo stanchi di sentire le solite motivazioni “scarica barile”. Siamo stanchi di vedere i soliti tavoli tecnici tra persone che nulla vogliono sapere e nulla decidono. Siamo stanchi di vedere una situazione stagnante. Come sono state trovate le risorse per il rinnovo dei contratti dei medici a gettone e delle premialità, si trovino anche per la sanità. È tempo di decidere, è tempo di fare, è tempo di valorizzare le figure professionali che vivono, lavorano e si sacrificano per i pazienti. Se non lo si capisce e non si agisce – conclude la nota – anche quei pochi medici, infermieri e oss ci lasceranno. Insomma non c’è più tempo”.
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