(Foto credit: Ansa)

Beniamino Zuncheddu è libero. 

Dopo 33 anni di carcere, la Corte d’Appello di Roma ha assolto l’ex allevatore dall’accusa di essere il responsabile della strage di Sinnai, avvenuta l’8 gennaio 1991 in cui morirono tre pastori e una quarta persona rimase gravemente ferita.

I giudici hanno revocato l’ergastolo facendo cadere le accuse per Zuncheddu con la formula “per non avere commesso il fatto”.

Tanti gli applausi dei presenti in aula, moltissimi arrivati dall’Isola per supportare l’imputato. In aula lo stesso Zuncheddu per il quale i giudici, il 25 novembre scorso, avevano sospeso la pena facendolo tornare in libertà.

“Per me è la fine di un incubo”, ha detto l’ex allevatore visibilmente commosso.

“In questa vicenda ci sono menzogne durate 30 anni”, ha detto il rappresentate dell’accusa. Il riferimento è al supertestimone Luigi Pinna, oggi 62 anni e unico superstite della strage, che nel febbraio di quell’anno indicò Zuncheddu, che era stato fermato dalle forze dell’ordine ma dichiaratosi da subito innocente, come il killer di Sinnai.

Un’accusa arrivata dopo che lo stesso Pinna aveva sostenuto di non potere riconoscere l’autore degli omicidi perché aveva il viso nascosto da una calza.

Poi il colpo di scena durante il processo di revisione, quando Pinna ha affermato che nel febbraio di 33 anni fa prima “di effettuare il riconoscimento dei sospettati, l’agente di polizia che conduceva le indagini mi mostrò la foto di Zuncheddu e mi disse che il colpevole della strage era lui. È andata così: ho sbagliato a dare ascolto alla persona sbagliata”. Nella requisitoria, riferendosi proprio a Pinna, il procuratore generale è stato molto chiaro: “L’attendibilità di Pinna ha rappresentato il fulcro per la condanna al carcere a vita per Zuncheddu – ha detto -, ma lui Beniamino non lo ha visto adeguatamente e ha mentito per 30 anni”.

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