Legambiente Sardegna è fortemente critica riguardo la procedura seguita per l’identificazione delle aree idonee dell’Isola al deposito nazionale di scorie nucleari.
Le ragioni sono molteplici e riguardano tutte la superficialità dell’analisi svolta, che ha portato a una mancata valutazione o a una valutazione non corretta di importanti elementi di esclusione indicati da Ispra.
In primis, gli strumenti utilizzati per rilevare la pericolosità idraulica e geomorfologica considerano al massimo un tempo di ritorno di 500 anni. Il tempo di esercizio della struttura è previsto in 300 anni, questo vuol dire che un evento di quel tipo ha la probabilità del 60% di accadere nell’arco del periodo di esercizio del deposito. Perciò l’analisi della pericolosità idraulica e geomorfologica dovrebbe essere fatta analizzando tempi di ritorno molto superiori, in modo da considerare anche eventi che abbiano una probabilità molto più remota di accadere. Non risulta, a detta di Legambiente Sardegna, sia stata svolta una analisi dei suddetti siti sotto l’aspetto della franosità.
Secondo la Guida tecnica (n.29) redatta da Ispra, inoltre, nell’identificazione dei siti deve essere verificata la “rispondenza a fronte degli eventi naturali ed antropici ipotizzabili in relazione alle caratteristiche di sito nonché le verifiche in merito all’impatto radiologico in condizioni normali ed incidentali sulla popolazione e sull’ambiente”. Eppure manca completamente un’analisi, anche di carattere generale, del rischio da incidente, attentato od altro.
Ma non è tutto. Legambiente Sardegna segnala che nonostante sia dichiarato e richiesto nella Guida, non si è tenuto conto dell’interrelazione degli elementi paesaggistici, naturalistici, antropici distribuiti sul territorio interessato dai siti.
“Il deposito nazionale va realizzato, ma le aree individuate sono situate in una zona il cui inestimabile valore storico, paesaggistico e naturalistico è dato dalla presenza di una fitta tessitura di beni culturali e di aree naturali protette strettamente interconnesse tra loro – spiega Annalisa Colombu, presidente di Legambiente Sardegna – Il deposito nazionale prevede la presenza di numerosi edifici completamente fuori terra, alti oltre i 20 metri, con la volumetria e la struttura di un vero e proprio sito industriale di notevole estensione (150 ettari), la cui presenza distruggerebbe il valore di questo tessuto, e la maggior parte delle aree scelte dista meno di 3 chilometri da più centri abitati”.
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