Le Regionali del 2024 hanno già una candidata a presidente: si tratta di Alessandra Todde. 54 anni, nuorese, due lauree, imprenditrice, ex amministratrice di Olidata. Poi la politica: esponente di spicco del Movimento 5 Stelle, già sottosegretaria del Conte II e viceministra nel governo Draghi. In entrambi i casi allo Sviluppo Economico.

Sarà la candidata del cosiddetto Campo Largo, un Centrosinistra che si apre a forze civiche ed indipendentiste. Da domenica 3 dicembre, da Nuoro, comincerà a battere la Sardegna palmo a palmo per esporre il programma e la visione dell’isola agli elettori sardi.

Ai microfoni di Cagliaripad ha espresso sensazioni, emozioni, idee di una candidatura tanto discussa, ma anche molto sostenuta.

Diverse settimane fa, la coalizione del Campo Largo l’ha eletta candidata Presidente. Quando ha ricevuto l’investitura, come l’ha vissuta?

Mi tremavano i polsi. Credo sia una grandissima responsabilità, sento una grande gioia, ma anche la consapevolezza dell’immensità delle cose da fare. Delle macerie rimaste su tanti aspetti, della necessità di rifondare la Sardegna. Non è solo una ripartenza, io parlo di rinascita. Sono consapevole delle cose da fare. Sono felice dei miei compagni di viaggio, il tempo che sto trascorrendo con loro è importante. Ho la convinzione che questo è un lavoro sfidante ma sarà un successo se lo faremo insieme. Sono una donna di squadra, per me la squadra è fondamentale.

La sua esperienza politica è piuttosto recente. A chi si ispira?

Proprio perché sono una donna che arriva dalla società civile, ho dei modelli che arrivano dalla mia storia. Penso a Katherine Johnson, una donna afroamericana. Una matematica della Virginia della segregazione degli anni 60, che fu così brava che scriverà gli algoritmi che manderanno l’uomo sulla luna. Ho sempre pensato, lavorando in contesti molto maschili, che se lei ce l’ha fatta, ce la potevo fare anche io. Penso anche a Marie Curie, la prima donna Nobel per la Fisica. Poi sono nuorese, non posso non citare Grazia Deledda. Mi ha colpito la sua determinazione. Infine Joyce Lussu, per tutto il lavoro fatto per le donne sarde. Una figura molto romantica ma anche molto concreta per i diritti delle donne.

Nelle scorse settimane ha iniziato a circolare la narrazione secondo cui con i 5 Stelle, non si vince e non si governa bene. Cosa ne pensa?

Io credo che il governo Partito Democratico – Movimento 5 Stelle, il Conte 2, sia stato uno dei più importanti, anche dal punto di vista delle riforme fatte. Anche nella capacità di sperimentazione di una politica alternativa alla destra. Abbiamo fatto il nostro percorso, abbiamo deciso per statuto di abbracciare i valori del campo progressista. Sono valori che uniscono. Credo peraltro che il Movimento abbia fatto il percorso più originale. Lo vedo dalla mia esperienza. Ve lo immaginate in un altro contesto una donna che entra in politica 4 anni fa e riesce a diventare vicepresidente del suo partito e a ricoprire due ruoli di governo? Penso sia impossibile. Del Movimento prendo la freschezza, le posizioni diverse rispetto al passato e la capacità di cambiare profondamente.

Veniamo da anni in cui la pandemia da Covid ha cambiato sia la società che la politica. E ha avuto diversi effetti sul sistema sanitario sardo. Su questo tema cosa ritiene vada fatto?

Che la sanità sarda sia allo sfascio credo sia sotto gli occhi di tutti. Le problematiche sono ben note. Bisogna distinguere diversi temi. Il primo è quello sulle risorse. Credo fieramente nella sanità pubblica e quella privata non deve essere sostitutiva, ma un modo per irrobustire l’offerta complessiva. Le risorse spese sono sufficienti? Si spende quasi la metà del bilancio regionale, a cui aggiungiamo fondi europei e nazionali. Il problema è che sono soldi spesi male. Quindi bisogna capire come efficientare la spesa. La sanità deve tornare ad essere un diritto universale. Per farlo, bisogna agire sulla sanità territoriale. Oggi tutto viene ospedalizzato. È indispensabile utilizzare tutti gli strumenti che abbiamo, a partire dai distretti che devono essere il fulcro da cui ripartire. Investendo sulle case di comunità, sulla ristrutturazione della rete sanitaria integrata. Un lavoro fatto partendo da tutti gli operatori sanitari dei territori. Fornendo dei servizi a tutto tondo. Sulla scarsità del personale credo che se iniziamo a liberare i medici da altre mansioni potremmo aiutarli ad utilizzare il loro tempo in maniera più efficace. Bisogna lavorare affinché un medico possa essere incentivato ad andare anche in territori ritenuti non appetibili. Bisogna poi lavorare sulle capacità degli ospedali della Sardegna. Non voglio spegnere un singolo ospedale nei territori. Servono. Devono essere utili per i cittadini. Infine c’è una cosa che mi sta a cuore: parliamo tanto di investimenti sulle nuove generazioni e poi non abbiamo un ospedale pediatrico con delle eccellenze. Non voglio mai più sentire un assessore alla sanità che dice che è meglio spendere su un volo perché costerà sempre meno che investire su un ospedale pediatrico. Credo che le nuove generazioni si meritino un ospedale pediatrico che possa prendere in cura le nuove generazioni.

La Sardegna continua a pagare uno scotto in termini di spopolamento nonostante i tanti investimenti. Cosa pensate di proporre per mitigare il fenomeno?

È un fenomeno transnazionale. C’è però un problema che aggrava la nostra posizione. Noi abbiamo delle condizioni di base limitative rispetto a vivere in altri luoghi. E i giovani vanno via dalla Sardegna. Per rimanere in un piccolo paese, si fanno molte domande: avrò un ospedale vicino? Una scuola per i miei figli? La possibilità di trovare un lavoro? Avrò la possibilità di avere una vita non precaria e dunque tirar su famiglia? In molte zone della Sardegna tutto questo non c’è. Il tema è quello di investire sulle condizioni di base. Sono convinta che a fronte di connessioni che si fermano alla bocca dei comuni e non arrivano alle attività produttive e nelle case, cosa che rende impossibile lavorare da remoto come accade in altre parti, se non capiamo che dobbiamo dare delle motivazioni per avere un lavoro di prossimità sviluppando vere economie nel territorio, non riusciremo a bloccare lo spopolamento. Noi dobbiamo investire sulle filiere del territorio, costruendo ecosistemi che possano sempre di più investire in innovazione. Faccio un esempio, sulle bonifiche: se avessimo la capacità di costruire dei poli d’eccellenza importando competenze, ricerca, start up per far crescere una filiera economica, questo si riverbera sull’economia. In questo senso l’Einstein Telescope a Lula penso possa essere uno di quei progetti trasformazionali su cui possiamo investire con attenzione.

Altro tema molto dibattuto è quello dei trasporti. Qual è la sua idea per la mobilità dei sardi?

Ci sono vari ambiti. Dobbiamo avere una buona programmazione di continuità aerea. C’è un tema di risorse: in Sardegna si spendono 25 euro a persona per supportare la continuità territoriale mentre per esempio la Francia per la Corsica e la Spagna per le Baleari ne spendono 200. C’è un ordine di grandezza diverso a supporto. Bisogna avere un modello misto: in alta stagione, con tanta concorrenza, la Regione deve essere in grado di programmare. Quando c’è la bassa stagione, bisogna fare in modo di garantire i giusti incentivi e un giusto accordo con le compagnie aeree sia per i sardi e sia per incrementare la domanda per chi ha intenzione di raggiungere la Sardegna. Tutto deve essere fatto attraverso un modello nuovo rinegoziato con l’Unione Europea. Servono forza, competenza, e soprattutto fiera rappresentanza. Diverso il tema della continuità delle merci dove abbiamo diversi problemi. Abbiamo lasciato la continuità marittima in monopolio. Anche in questo caso va pensata una logistica competitiva, a sostegno delle nostre aziende. E poi la mobilità interna: abbiamo strade vecchie e una ferrovia inesistente. Va profondamente riformato il sistema dei trasporti interni considerando tutti i 377 comuni sardi capillari. È necessario investire per spostare le persone dalle coste verso l’interno con facilità, fare sistema nei trasporti da porti e aeroporti verso l’interno, con buone strade da poter raggiungere i paesi.

L’astensionismo si nota maggiormente nelle fasce più povere della popolazione sarda, che si ritengono deluse da anni di promesse non mantenute. Quale sarà la sua attenzione verso di loro?

Vogliamo restituire alle persone la rappresentanza. Una delle grosse problematiche in questo momento è che le persone si sentano disilluse dalla politica. La chiave di volta sarà la credibilità con cui noi parliamo delle nostre soluzioni, la capacità di rappresentare tutti gli strati della popolazione, soprattutto quelli più fragili e deboli. Credo che sia molto importante non vendere un libro dei sogni. È importante la concretezza e la capacità di fare le cose: quello che vogliamo portare in giro è competenza e metodo.

Si parla spesso, nei dibattiti, di affermazione o riaffermazione dell’autonomia sarda. Secondo lei come si può sfruttare? 

Io penso sempre che per l’autonomia debba essere arrivato il tempo della responsabilità. Abbiamo uno Statuto che i padri costituenti ci hanno dato nel 1948 con una motivazione molto importante: eravamo una delle regioni più povere e dunque bisognava darci occasione di ripartire. Oggi siamo nel 2023 e sono cambiate le condizioni. Abbiamo gli strumenti, le conoscenze e le condizioni per autodeterminarci? La risposta è No. Ecco perché dobbiamo investire su tanti temi, facendo gli interessi dei sardi. Bisogna riprendere anche la nostra identità. Per anni la storia della Sardegna non si è insegnata nelle scuole, utilizzare la nostra lingua sembra un demerito. Siamo stati abituati a pensare che non è cultura ma qualcosa di secondario. Questo orgoglio bisogna riprenderselo. Bisogna ripensare all’attuazione delle prerogative dello Statuto, che deve riverberare risultati nella società. Se saremo in grado di prenderci la responsabilità di gestire i nostri beni, saremo davvero in grado di autodeterminarci.

Adesso prende il via la sua campagna elettorale in 60 tappe. Cosa si aspetta?

Alcuni incontri sono già in atto con portatori d’interesse regionali. Mi confronto sulla base programmatica che la coalizione ha costruito con tanta fatica in questi mesi. È stato un processo unico, partecipato, con tante persone che si sono messe a disposizione. Adesso porterò il programma in discussione non solo a Nuoro ma anche in tante altre tappe a cui abbiamo dato un formato: incontrare i portatori d’interesse la mattina e la cittadinanza la sera. Mi aspetto in programma collettivo, che sia di tutti, che nasca dal basso, che rappresenti i bisogni reali dei sardi. Le tappe serviranno per discutere problematiche diverse che ci sono in ogni territorio e condividere le soluzioni.

Si è parlato di quel che vorrebbe fare. Cosa non vorrebbe fare assolutamente invece?

Non vorrei fare la donna sola al comando. Vorrei che le istanze che portiamo siano reali, siano quelle delle persone comuni. Voglio essere voce di quelle istanze.

Per finire.. dica qualcosa di sinistra..

Le cito Antonio Gramsci, che mi sta molto a cuore: odio gli indifferenti.

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