L’ospedale Brotzu di Cagliari è un fiore all’occhiello nella lotta ai tumori neuroendocrini.
La Struttura Complessa di Medicina Nucleare è infatti l’unico centro regionale in grado di offrire la terapia con radioligandi, che sta rivoluzionando la cura del cancro a partire da queste rare neoplasie (GEP-NET, tumori neuroendocrini del tratto gastroenteropancreatico), e di seguire i pazienti fin dalla diagnosi.
All’avanguardia a livello diagnostico per l’utilizzo delle metodiche PET, il centro si sta preparando a utilizzare i radioligandi anche per il trattamento del cancro alla prostata metastatico, nuova applicazione della RLT (RadioLigand Therapy) ormai prossima all’introduzione nella pratica clinica, mettendo a frutto l’esperienza accumulata, sia in termini di competenze che organizzativi, nella gestione della RLT nei pazienti GEP-NET.
“La maggior parte di questi tumori nel 40%-50% dei casi viene diagnosticata con molto ritardo – spiega Michele Boero, direttore della Struttura Complessa di Medicina Nucleare del Brotzu – spesso in fase metastatica quando la malattia non è più curabile con la chirurgia e si deve far ricorso al trattamento con gli analoghi della somatostatina. Nei pazienti in cui la malattia va in progressione nonostante la terapia sistemica, – prosegue l’esperto – una delle armi più efficaci a disposizione è proprio la terapia con radioligandi, nuova frontiera della medicina di precisione in ambito medico-nucleare, in grado di ‘taggare’ e colpire insieme le cellule tumorali, distinguendole selettivamente da quelle sane, senza danneggiare queste ultime”.
I radioligandi agiscono sia come “spie molecolari” che come “killer di precisione”: sono infatti capaci di ‘scovare’ le cellule tumorali ovunque si trovino e di annientarle una per una.
“Il beneficio più rilevante – prosegue Boero – è che con la terapia con radioligandi si ha un decremento del rischio di progressione della malattia o di morte pari al 79%, che si accompagna ad una riduzione degli effetti collaterali rispetto alle terapie oncologiche standard, con un impatto molto favorevole sulla qualità di vita dei pazienti. Qualità di vita che è un vantaggio anche per il sistema, perché si traduce in un minore ricorso ad ospedalizzazioni e cure aggiuntive, spesso costose”.
“Dall’arrivo nel 2019 della PET con Gallio, tecnica specifica per diagnosticare i NET, il nostro centro esegue circa 100 diagnosi ogni anno ma i numeri sono in continuo aumento – aggiunge ancora Boero, che però rileva anche il “tallone d’Achille” del percorso clinico. “È la mancanza di un team multidisciplinare per le malattie rare che va ricostituito – dice l’esperto – L’utilizzo della terapia con radioligandi può essere ottimizzato all’interno di un team in cui si confrontano diverse competenze specialistiche, così da offrire a ciascun paziente il miglior percorso di diagnosi e cura realmente “ritagliato” sui suoi bisogni”.
“La sfida più intrigante per il futuro è la prospettiva di impiego della terapia con radioligandi nel trattamento del tumore alla prostata. Visti i numeri di questa neoplasia – evidenzia Boero – nettamente superiori rispetto a quelli dei tumori neuroendocrini, sarà necessario uno sforzo organizzativo per garantire questa terapia ai pazienti eleggibili, selezionando accuratamente i pazienti da sottoporre a PET–PSMA ed evitando così che la diagnosi diventi un collo di bottiglia nell’accesso alle cure – osserva Boero -. Così come la possibilità di erogare la terapia in regime ambulatoriale sarà l’unico modo per far fronte al maggior numero di pazienti, dal momento che la RLT si è dimostrata essere una terapia efficace per una neoplasia a ben più ampia diffusione rispetto ai NET”, conclude l’esperto.
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