“È sorprendente, ma poi non tanto, la reazione che ha suscitato la possibilità che sia una donna a guidare la coalizione della sinistra progressista, insieme ai movimenti autonomisti e indipendentisti, alle prossime elezioni regionali”. Lo scrive sui suoi social Massimo Dadea, medico chirurgo ed ex politico sardo tra le fila del centrosinistra regionale, prima come consigliere (Pci e Pds) poi come assessore agli Affari Generali nella Giunta Soru.
Il riferimento è chiaramente alla candidatura di Alessandra Todde, vicepresidente del Movimento 5 Stelle, che a quanto pare non è stata sostenuta – perlomeno ufficialmente – dazi Progressisti che, al contrario, hanno proposto altri nomi, tutti declinati al maschile: Renato Soru, già presidente della Regione, e Graziano Milia, sindaco di Quartu.
Per Dadea, invece, la candidatura di Todde “rappresenterebbe una tappa storica nel panorama, tutto al maschile, della nostra autonomia. Per la prima volta, una donna avrebbe la possibilità concreta di diventare la Presidente della Regione”. Ma non tutti hanno colto l’opportunità, anzi. “Sono iniziati prima i mugugni – scrive Dadea -, i distinguo, le insinuazioni, poi è montata una vera e propria campagna tesa a delegittimare e a denigrare la probabile candidatura di una donna. Ed ora si è arrivati persino a promuovere una petizione popolare per scongiurare la ‘sciagurata’ evenienza”.
Alla base di questa presa di posizione, secondo Dadea, ci sarebbero due motivazioni, che nulla hanno a che vedere con il “curriculum invidiabile” della candidata pentastellata: le elezioni primarie e la candidatura imposta dall’alto (da Roma). “In Sardegna – scrive l’ex politico sardo -, mai nessun candidato alla Presidenza della Regione è stato scelto con le elezioni primarie. Tanto meno lo sono stati i protagonisti di questa querelle che puzza tanto di testosterone: gli ultimi due presidenti della Regione espressi dal centrosinistra. Il primo – spiega Dadea – nel 2004, fu nominato dai partiti ed imposto da Roma ai DS sardi recalcitranti, che non volevano saperne del patron di Tiscali, tanto che dovette precipitarsi a Cagliari Vannino Chiti, che a nome della segreteria nazionale, impose anche ai più riottosi la decisione. Questo però può andare bene per un maschio, non per una donna. Il secondo – prosegue – nel 2014, è un caso veramente paradossale. Il promotore della petizione che sta oggi infiammando i social, fu candidato ‘d’ufficio’ al posto della vincitrice delle primarie interne (non di coalizione) del PD, subito opportunamente ‘azzoppata’. La vincitrice di quelle primarie, ma guarda un po’, era stata proprio una donna”. Il riferimento, in questo caso, è evidentemente a Francesca Barracciu, che vinse le primarie ma non venne candidata perché coinvolta in vicende giudiziarie.
“Questo loro attuale affannoso dimenarsi può essere derubricato ad una patetica e tardiva elaborazione del trauma della perdita e della sconfitta – chiosa Dadea -. Un tentativo di rivincita, di rivalsa, nei confronti di quegli elettori, di quei cittadini, che, in modo diretto o indiretto, ne decretarono allora la sconfitta”.
Per l’ex assessore regionale, quindi, non resta che una soluzione: “Sia la politica a decidere, sia la politica ad assumersi la responsabilità di una scelta”.
Leggi le altre notizie su www.cagliaripad.it