Quando si parla di letteratura sarda parte sempre da Grazia Deledda. Iniziatrice, si dice, delle varie fasi di una narrativa lunga quasi un secolo.
Il suo è stato un tentativo riuscito e vincente di congiunzione tra il mondo isolano e la cultura europea. Giulio Angioni di lei scriveva che era riuscita a dare una narrazione della Sardegna adatta soprattutto per i non sardi. Un maniera di curare il rapporto tra globale e locale che verrà ripreso, con successo, da altri autori.
Eppure per l’ondata, quella vera, l’isola dovrà attendere gli anni ’90 del Novecento. Tante le definizioni lanciate a livello giornalistico: in particolare “primavera sarda” e “nouvelle vague”. O più semplicemente “Nuova Letteratura Sarda”. Che riprendendo la Deledda (e Salvatore Satta, Giuseppe Dessì, Emilio Lussu) affronta un nuovo modello di narrazione in grado di raccontare la Sardegna dentro il mondo moderno. Spicca non solo per la quantità delle opere pubblicate, ma soprattutto per la qualità che gli autori vi riversano.
Una novità in grado di dare vita ad un’onda. Nascono o crescono progetti editoriali, i romanzi ottengono un successo potente. Le opere vengono persino tradotte fuori dall’Italia, lanciando scrittori che non sono più tenuti a pubblicare in “Continente” per avere successo. Per la prima volta non spicca un solo autore, ma una vera e propria scena che ancora oggi continua a dare ai lettori di tutta Italia tematiche e storie appassionanti.
È una inedita produzione che utilizza anche il sardo, ma non come atto politico o morale. Non come un obbligo. Ma come parte fondamentale di una narrazione. Un modo di scrivere che nasce e si sviluppa prima che divenisse una caratteristica di successo di altri scrittori, come ad esempio Andrea Camilleri. Gli autori della nuova scena trovano la spinta per raccontare l’isola affrancandosi dalla solida roccia storica (Grazia Deledda) e trovando un modo tutto nuovo.
La lista della Nuova Letteratura Sarda è lunga. Il primo tridente narrativo è composto da Giulio Angioni, Sergio Atzeni e Salvatore Mannuzzu. A seguire: Marcello Fois, Salvatore Niffoi, Giorgio Todde, Alberto Capitta. Con l’ingresso nel nuovo millennio si impongono all’attenzione del pubblico nazionale anche Michela Murgia, Flavio e Paola Soriga, Milena Agus e Francesco Abate.
Giulio Angioni
È stato uno scrittore, poeta, antropologo, studioso, saggista. Ha scritto per quotidiani e periodici, radio e televisione. È stato anche uno dei più apprezzati docenti di Antropologia all’Università di Cagliari. Ha lasciato con i suoi scritti e i suoi studi un segno indelebile nel panorama culturale sardo e nazionale.
Per i moltissimi che l’hanno conosciuto, è stato il più fiero custode dei valori autentici della storia, delle radici e dell’identità sarda.
Come narratore ha esordito nel 1978 con la raccolta di racconti A fogu aintru/A fuoco dentro. Ha raccontato le vicissitudini del mito di Fràus, un luogo altrove caratteristico dove i personaggi del suo raccontare prendevano forma. Negli ultimi anni di vita si era nuovamente dedicato alla poesia, un piacere mai abbandonato. Sul suo profilo Facebook era infatti possibile leggere piccole pillole della sua creatività.
Per chi volesse approfondire: L’oro di Fraus (1988), Assandira (2004), Sulla faccia della terra (2015)
Sergio Atzeni
Gli esordi sono nel giornalismo. Poi ci sono la politica, un lavoro all’Enel che abbandona presto, l’impegno da operatore culturale e un lungo viaggio che lo porta a Torino. Qui prende la decisione che dà una svolta alla sua vita: dedicarsi esclusivamente alla scrittura.
Il risultato di tale scelta è nella qualità delle sue opere e nella forte influenza che ricopre nelle generazioni future. Atzeni è stato il cantore di una Sardegna arcaica con uno sguardo al futuro. Luogo di approdi di popoli e culture, crocevia nel Mediterraneo, ma anche fortezza delle proprie origini.
I racconti e i romanzi sono stati tradotti in Francia, in Germania e in Spagna. La Sardegna da lui raccontata attrae e appassiona lettrici e lettori diversi, intellettuali e studiosi, giovani. Convince registi cinematografici e giornalisti. Il suo stile rivaluta la lingua sarda in una efficace mescolanza con l’italiano, poi ripresa anche da altri noti scrittori.
Per chi volesse approfondire: Il figlio di Bakunin (1991), Bellas Mariposas (1996), Passavamo sulla terra leggeri (1997)
Salvatore Mannuzzu
Autore atipico e per certi versi ancor più differente rispetto ai due colleghi. Figura storica del mondo giudiziario sardo, tre volte deputato, è stato uno straordinario scrittore. A lui, per certi versi, si deve l’avvio del genere “giallo sardo”, ripreso e ampliato dagli autori sardi contemporanei. Non manca però anche una incursione nella saggistica.
Tra il 2010 e il 2013 ha tenuto una rubrica quotidiana sulla prima pagina di “Avvenire”: un diario poi diventato un libro.
Nel panorama letterario italiano, Mannuzzu è stato il più apprezzato magistrato-scrittore. La principale caratteristica era dovuta non tanto alla presenza di giudici o intellettuali o magistrati come protagonisti. Ma alla capacità di sviscerare il loro temperamento, i momenti di crisi esistenziale e i rapporti professionali e familiari.
Per chi volesse approfondire: Procedura (1988), Un morso di formica (1989), Le fate dell’inverno (2004).
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