(Foto credit: Ansa)

Nuove scoperte nelle aree dei campi di prigionia austro-ungarici della Prima guerra mondiale all’Asinara.

Durante la campagna di scavi archeologici, parte di un progetto d’indagine pluriennale guidata dall’Università di Sassari, sono emersi nuovi elementi sulla materialità della vita nei campi di prigionia, sulla loro organizzazione spaziale e tecniche costruttive.

Le indagini archeologiche sono dirette dal professor Marco Milanese, ordinario di Archeologia nel Dipartimento di Storia, Scienze dell’uomo e della formazione dell’Università di Sassari. Arrivate al terzo anno, si sono concentrate nel campo di prigionia di Stretti, con operazioni di diagnostica non invasiva, finalizzate alla programmazione per il prossimo anno di uno scavo estensivo.

“La novità delle ricerche appena concluse – dice il professor Milanese – è anche rappresentata dalle indagini subacquee, condotte con il supporto di archeologi subacquei tedeschi di Koblenz, dall’ampio curriculum internazionale, nelle aree prospicienti alcuni dei campi di prigionia, che hanno permesso di individuare strutture e reperti sommersi riferibili all’attività dei campi”.

L’attività di scavo è stata autorizzata dal Parco Nazionale dell’Asinara, diretto da Vittorio Gazale, e dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici, Paesaggistici, Architettonici e Storici di Sassari e Nuoro (soprintendente professor Bruno Billeci e funzionari dottoressa Gabriella Gasperetti e Gianluigi Marras), con la collaborazione del Comune di Porto Torres e di quello di Stintino.

Lo studio è stato realizzato dai dottorandi Veronica Venco, Stefano Pedersoli e Luca Caloi, con studenti e specializzandi dell’Università di Sassari e l’apporto progettuale del professor Luigi Magnini dell’Università di Venezia e di Giovanni Azzalin.

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