Con le loro imbarcazioni hanno raccolto in sei mesi oltre due tonnellate di spazzatura dai fondali intorno all’Isola. I pescatori sardi sono scesi in mare contro l’inquinamento delle acque con il progetto “Flags, la rete che libera il mare”.
L’interessante iniziativa è nata grazie ad un partenariato tra il Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente dell’Università degli Studi di Cagliari e i quattro “Flag” (acronimo di “Fishing Litter and Abandoned Gears in Sardinia”, cioè rifiuti da pesca e attrezzi abbandonati in Sardegna), finanziato dal Fondo europeo per gli Affari marittimi e la Pesca (Feamp).
Dal novembre 2022, data in cui l’appalto per il ritiro e lo smaltimento dei rifiuti è stato affidato alla ditta Ecogemma di Assemini, li pescatori sono riusciti a rimuovere dal mare oltre due tonnellate di spazzatura di ogni genere.
Dall’analisi delle “pescate” – sono stati raccolti 1.700 oggetti provenienti da ogni zona del Mediterraneo, per una massa complessiva di 2400 chili di rifiuti- -è emerso che la tipologia di rifiuti più diffusa è la plastica monouso seguita dai contenitori in alluminio e dalle bottiglie di vetro. Eppure i rifiuti più insidiosi si sono rivelati gli attrezzi da pesca abbandonati: in buona misura reti perdute sul fondo.
Fino al maggio 2022, quando è stata approvata la “legge Salvamare”, i pescatori che rimuovevano la spazzatura in mare venivano sanzionati in quanto questa era considerata rifiuto speciale.
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