Nel suo esercizio pubblico aveva sistemato ben cinque telecamere per riprendere gli impiegati durante l’orario di lavoro. Così un imprenditore di Serdiana è stato sanzionato dai Carabinieri della Compagnia di Dolianova nell’ambito un servizio coordinato per il controllo del territorio che ha impiegato otto pattuglie più due squadre di reparti specializzati, una del Nil e una del Nas.
Lo statuto dei lavoratori che risale al 1970 vieta tale procedura. Esiste infatti il divieto assoluto per i datori di lavoro di riprendere i propri dipendenti. È inutile anche l’assenso dei lavoratori che, naturalmente, potrebbero essere condizionati dalla parte datoriale che per definizione si trova in una posizione di preminenza.
Le telecamere – sancisce la legge – possono essere installate soltanto a seguito di un’autorizzazione che nella circostanza non è mai intervenuta. Si tratta di una violazione di natura penale e quindi di un reato, punito con un’ammenda. Tanto è stato contestato al proprietario dell’esercizio pubblico. Tale tutela discende dagli articoli 4 e 38 dello statuto dei lavoratori ed è stato confermato a seguito dell’entrata in vigore del decreto legislativo numero 151 del 2015, che garantisce la validità del divieto anche dopo l’entrata in vigore del c.d. Jobs Act. Sono intervenute nel tempo anche delle sentenze della Corte di Cassazione che hanno chiarito come non faccia deroga al principio l’intenzione dell’imprenditore di tutelare il patrimonio aziendale, ad esempio dai furti. Esiste una procedura che prevede un accordo stipulato con le rappresentanze sindacali o in alternativa un accordo stipulato con la Direzione Territoriale del Lavoro. Ma in questa circostanza nulla di tutto ciò è mai intervenuto.
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