Nella giornata di ieri si è tenuta alla Camera dei deputati la discussione su “Opzione Donna”, una misura che a partire dal 2004 consentiva alle lavoratrici di andare in pensione a 58 anni di età con 35 anni di contributi, resa ulteriormente restrittiva dal governo Meloni con la legge di bilancio 2023.

Sulla questione interviene sul suo profilo Facebook anche la deputata di Alleanza Verdi Sinistra, Francesca Ghirra: “Noi abbiamo sempre pensato che Opzione Donna fosse una misura del tutto insufficiente e non risolutiva del problema, ma con la legge di bilancio questa destra è riuscita perfino a peggiorarla. Essendo costrette a optare per il sistema di calcolo contributivo, le donne subivano una penalizzazione sull’assegno pensionistico superiore anche al 30%. Da quest’anno – spiega Ghirra – la possibilità di accedere a queste ‘pensioni povere’ non solo è possibile per una platea ridotta, ma i nuovi criteri sono assolutamente discriminatori”.

“Il numero di figli – prosegue la deputata di Alleanza Verdi Sinistra – non può determinare un cambiamento del contributo previdenziale. I termini di raggiungimento della pensione devono essere raggiungibili per ognuna a prescindere dalle proprie abitudini di vita. Sono state fatte discriminazioni anche in tema di licenziamenti, distinguendo chi viene licenziata a seguito dell’apertura di un tavolo di crisi da chi viene licenziata senza che sia aperto alcun tavolo. Nonostante le promesse di modifica annunciate dalla Ministra Calderone, le condizioni previste non sono state modificate né a seguito del passaggio in aula della legge di bilancio, né a seguito del confronto con le parti sociali, né con il milleproroghe, né con altri provvedimenti”.

“Sappiamo bene che le nuove disposizioni penalizzano tantissime lavoratrici – aggiunge Ghirra -, che hanno carriere contributive complicate, raggiungono difficilmente 35 anni di contributi, spesso a causa del lavoro di cura che pesa interamente sulle loro spalle, non riconosciuto né dalla società né tantomeno dallo Stato, svantaggiate dal fatto di dover accettare una pensione esclusivamente contributiva, quindi più povera. Ora, di fatto, viene negato a tante di loro il diritto di andare in pensione”.

“A febbraio avevamo chiesto di prorogare il diritto al trattamento pensionistico anticipato, cosiddetto ‘Opzione Donna’, almeno con le modalità e i requisiti previsti dalla normativa previgente rispetto alla legge di bilancio 2023, ma siamo fermamente convinti che sarebbe necessario prevedere opportune iniziative legislative finalizzate a ridurre il divario pensionistico di genere attraverso l’introduzione di nuovi e più efficaci strumenti o meccanismi previdenziali. Chiediamo ancora una volta al governo – conclude la deputata di Alleanza Verdi Sinistra – di modificare Opzione Donna e prevedere misure che diano risposte adeguate a tante, tantissime lavoratrici, che attendono solo di aver riconosciuto un loro sacrosanto diritto”.

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