Anche la ministra del Turismo, Daniela Santanché, non avrebbe apprezzato alcuni strafalcioni della campagna istituzionale “Open to Meraviglia” realizzata dall’agenzia Armando Testa.
“Ma com’è possibile un errore del genere?”, avrebbe detto la titolare all’esecutivo della promozione turistica in Italia, a microfoni spenti, come riporta Il Fatto Quotidiano.
In alcuni casi, infatti, alcuni nomi di città sono stati tradotti in automatico: così Camerino diventa “Garderobe” in tedesco, Brindisi si trasforma in “Toast” e Scalea diventa “Treppe”.
Ma non solo. A far discutere sono stati anche altri errori e dimentincanze che, ha replicato subito l’agenzia, sarebbero dovuti al fatto che si tratta solo di un’anteprima della campagna istituzionale.
Il caso in Sardegna: parliamo di Cagliari
Anche in Sardegna non è andata benissimo. A partire dalla città di Cagliari, per cui sono citati appena “3 luoghi da non perdere”: il Poetto e i suoi locali sulla spiaggia, il quartiere di Castello e la Cattedrale di Santa Maria Assunta. Nessun accenno agli altri tre quartieri storici di Marina, Stampace e Villanova, ricchi di cultura e storie da raccontare oltre che di locali e luoghi da vivere, come sanno bene i visitatori che ogni anno affollano i vicoli stretti fino a tarda notte.
Se ne sono accorti anche i creator sardi, che si occupano di promuovere quotidianamente le bellezze, la storia e la cultura della Sardegna. Tra questi, c’è anche Maurizio in arte #ThisisCagliari, che racconta la sua città con una visione da local, mostrando i suoi segreti nascosti e le storie di personaggi che hanno attraversato il capoluogo sardo.
“L’intenzione è stata buona – dice Maurizio -, anche perché avere una mappa nazionale che ti permette di scoprire cosa c’è in Sardegna e nel resto della Penisola non è male. Quello che non funziona è che, proprio perché si tratta di qualcosa di macro, è molto superficiale”.
“Le mete più conosciute si possono trovare anche in altri siti – prosegue il creator cagliaritano -. Perché allora non contattare chi promuove la propria Regione attraverso i social e chiedere a noi di fornire un supporto per dare degli elementi in più dei luoghi meno conosciuti? Anche perché la stessa ministra Daniela Santanché aveva detto che doveva essere un progetto a misura di giovani”.
Poi si passa al focus su Cagliari. “Io avrei inserito luoghi che non siano i soliti – dice Maurizio -: ad esempio Bonaria, sia il santuario sia il cimitero per il quale mi batto da anni, o ancora la chiesa di San Michele a Stampace che nessuno conosce ed è bellissima, oppure Sant’Eulalia a Marina, un’area archeologica dove si può camminare sopra l’antica Cagliari, che è qualcosa di eccezionale eppure non è valorizzata”.
Ci sono però altre questioni più “interne” da risolvere affinché la città venga conosciuta e apprezzata pienamente da tutti. “Spesso anche i cagliaritani non conoscono benissimo la città – dice Maurizio – e questo è anche un po’ il motivo per cui porto avanti il mio lavoro. Ma c’è anche un altro punto, e cioè che molti siti sono ancora chiusi, come ad esempio le due Torri e l’Anfiteatro. Senza andare a cercare le colpe di questa o quella giunta, bisognerebbe fare interventi seri che ci permettano di fruire determinate aree”. Non solo: “Anche i musei sono da valorizzare, come il Museo Cardu, bellissimo, con una delle più grandi collezioni europee di arte orientale, eppure molti local non la conoscono nemmeno”.
E per quanto riguarda la promozione turistica in Sardegna? “Torno ancora una volta sui social – spiega il creator cagliaritano – perché proprio qui è presente una componente molto forte, per far comprendere che chi viene in vacanza può trovare anche altro oltre il mare. Purtroppo – aggiunge – siamo anche un po’ succubi del fatto che per anni le campagne pubblicitarie hanno avuto a che fare col mare. Per carità, è innegabile che sia probabilmente una delle cose più belle che abbiamo, ma allo stesso modo non si può nemmeno ridurre Cagliari alle due Torri e ai fenicotteri perché c’è molto altro”.
Quella dei social, in definitiva, è la strada da percorrere insieme. “I social sono ormai un apporto indispensabile: le persone vanno a vedere su Instagram che cosa si può visitare in quella determinata città, vogliono viverla come se fossero dei cittadini del posto. Secondo me siamo ancora molto indietro – dice Maurizio -, ti faccio anche un esempio: mi è capitato di essere invitato ad alcuni eventi per fare delle foto e dei video, però poi mi è stato detto di non farne troppe altrimenti le persone non sarebbero venute. Questa è una concezione un po’ errata perché è proprio il contrario, perché più si vede e più la gente è invogliata a visitare determinati posti”.
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