Roberto Saviano ha vinto una causa di diffamazione che lo contrapponeva al Ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano.
Lo scrittore napoletano aveva definito su Twitter l’allora direttore del Tg2 “un galoppino di Cosentino”. Quest’ultimo, come spiega Saviano nel suo post su Instagram con cui annuncia la vittoria al processo, fu referente del clan dei Casalesi, sottosegretario nel 2008 nello stesso governo e nella stessa coalizione di Giorgia Meloni.
Il Tribunale di Roma ha respinto la richiesta di risarcimento danni sostenendo che quella dello scrittore fosse una critica aspra ma consentita.
Sul caso interviene anche la scrittrice e attivista Michela Murgia sulle sue story su Instagram in un più ampio discorso sui “metodi fascisti” del governo Meloni.
“Saviano parla di responsabilità politica dei morti in mare e delle aderenze del governo alla malavita? – scrive Murgia – Tre ministri, tra cui la presidente del Consiglio, lo querelano con tutti gli strumenti a disposizione del potere”.
E nonostante la vittoria di Saviano al processo, Murgia scrive: “Ma sono stati mesi duri, di isolamento mediatico e paura di non farcela da soli contro tutto il potere di questi figuri in veste di ministri dello Stato”.
“Menare uno che il coraggio di parlare serve a far star zitti tutti gli altri”, conclude Murgia.
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