Non è stampacino doc, ma è di Villanova. Da ben quattro generazioni. Stampace però lo ha adottato amorevolmente, affidandogli il ruolo di Terzo Guardiano anche per questa 367° festa di Sant’Efisio. Riccardo Rocca, primus inter pares scherza con i suoi confratelli della Confraternita del Gonfalone che gli hanno appena affidato la bandiera con cui accompagnerà il Santo.
Seduto su una panca della chiesetta di Sant’Efisio, alla vigilia degli ultimi preparativi ufficiali prima della attesa partenza del cocchio lunedì mattina, racconta con emozione tanti aneddoti. Quel che colpisce è il suo sorriso. La rappresentazione della felicità.
In realtà questo per Riccardo non è un debutto. Già nel 2011, quando nessun confratello aveva presentato la candidatura, era stato chiamato dalla presidenza della Confraternita a portare la bandiera. Due anni dopo, nel 2013, anno della settantesima ricorrenza dei bombardamenti su Cagliari, era stato invece regolarmente eletto per la prima volta come Terzo Guardiano. Dopo quella l’elezione Tore Melis, compianto vecchio presidente della Confraternita e confratello anziano, aveva sentenziato, con la classica arguzia cagliaritana: “Ta bregungia, unu terzu guardianu biddanoesu”. Una frase che aveva in realtà sancito il definitivo accoglimento nella comunità stampacina pur essendo nativo del quartiere di Villanova.
Ora, esattamente dieci anni dopo, è arrivata la seconda elezione. Con una maggioranza bulgara, scherza.
Riccardo, cosa significa per un cagliaritano essere il Terzo Guardiano?
Per un cagliaritano è veramente tanto. Ti senti di rappresentare l’intera città. Io devo rappresentare l’arciconfraternita in questi giorni di festa. E’ una grande responsabilità che mi assumo con molta felicità.
Qual è esattamente il ruolo del Terzo Guardiano?
Il suo ruolo è stato definito come quello di una specie di regista della festa. In realtà la festa di Sant’Efisio ha già i suoi automatismi e il ruolo del Terzo Guardiano ormai non è quello di organizzare, ma di coordinare tutti i tasselli di questo mosaico. Diciamo che il Terzo Guardiano è un regista coordinatore.
Come si arriva ad essere devoti di Sant’Efisio?
Io dico sempre che a Sant’Efisio si arriva o per una grande gioia o per un grande dolore. Poi Sant’Efisio ti apre le sue porte e qui trovi la serenità. Io sono arrivato per un grande dolore, ma qui ho trovato il mio spazio. Poi c’è anche chi ci arriva per tradizione familiare o per campanile di quartiere, ma molto spesso le motivazioni sono quelle.
Cosa significa oggi S’Efisio per i cagliaritani?
A mio avviso resta per molti un’ancora di salvezza. Stiamo vivendo periodi molto bui, tra guerre e carestie, abbiamo passato tre anni terribili con la pandemia. Io dico sempre che c’è sempre bisogno di qualcosa in cui credere. C’è chi crede nella politica, chi crede nel lavoro, ognuno crede in quello che gli pare. C’è però anche chi crede nella fede e a questa si aggrappa.
Qual è il limite tra folklore e devozione popolare nella festa di Sant’Efisio?
La parte folkloristica è sicuramente bellissima, caratteristica e splendida. E’ un insieme di suoni, colori ed emozioni. Ma noi non siamo interessati a tutto ciò che è folklore. Dalla bandiera della guardiania in poi Sant’Efisio è una processione religiosa. Questo per noi è un pellegrinaggio vero e proprio. Non una festa, né una sfilata. E’ una processione devozionale: stiamo portando il Santo e dobbiamo rispettare il voto fatto dalla città di Cagliari ormai quasi 370 anni fa. Tutto il resto non è di nostra competenza.
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