La Sardegna ha nell’hockey su prato uno degli sport più rappresentativi. Sommando il palmares delle diverse rappresentative (Amsicora, Ferrini, l’ex Hockey Team Suelli, Cus Cagliari, Juvenilia Uras giusto per citarne alcune di oggi e di ieri) si superano i cinquanta successi titolati.
Una delle rappresentanti più fiere e riconosciute del circuito è Valeria Spitoni. Ex giocatrice, ala sinistra in stile “GiggiRiva”, oggi allena la formazione femminile della Ferrini.
La sua storia parla di quasi cento presenze in nazionale italiana, di tantissimi gol, di progetti condivisi e dell’amore per lo sport. Ce l’ha raccontata, ripercorrendo oltre 35 anni di emozioni.
Cosa ha rappresentato per te l’hockey su prato?
Ha rappresentato fin da ragazzina il mio hobby preferito. Mi ci sono dilettata in tutto e per tutto. Ho iniziato con l’Amsicora a 13 anni, ho esordito in Serie A a quasi 15 e da lì è iniziata – grazie al settore tecnico diretto da Roberto Carta e ad una squadra abbastanza competitiva – una scalata che mi ha portato nel 1987 ad esordire in nazionale A. Sono stata in nazionale azzurra per una decina d’anni, mi sono avvicinata alle 100 presenze. Nel frattempo ho conciliato lo sport con lo studio (mi sono laureata in giurisprudenza), dunque ho dovuto rinunciare a diverse competizioni internazionali.
A 18 anni però a Suelli inizi ad allenare..
Sì, assieme a mio marito Luca Pisano abbiamo portato una avventura estiva a diventare per quasi 30 anni una esperienza concreta. Siamo cresciuti assieme al primo ciclo di ragazzi e poi mi sono formata piano piano. Amplificando ancora di più la passione per l’hockey. Per dieci anni ho allenato e giocato contemporaneamente. Quando sono diventata mamma, un po’ ho mollato.
Questa nuova esperienza alla Ferrini però ha un sapore diverso
Dopo tanti anni nel maschile, questa esperienza nel femminile per me è un esordio. Ho allenato in precedenza l’Amsicora ai giochi della Gioventù e anche l’Under 18. Poi a Suelli, solo la squadra maschile. Avere a che fare con ragazze adulte, per me, è la prima volta.
Chi parla di te come giocatrice, parla di una bomber implacabile
Eeehh.. addirittura (Ride). Diciamo che davo un po’ fastidio alle difese avversarie. Ho giocato diversi ruoli, ma il mio ruolo principe è sempre stato l’ala sinistra. Avevo il compito di rifinire l’azione, dunque o segnavo o ero fuori. Questa pressione ha fatto sì che mi ingegnassi a trovare sempre soluzioni per segnare.
Com’è stato passare dal campo alla panchina?
Non ho patito il cambio. Perché già facevo entrambe le cose assieme. Non è stato un passare dal campo alla panchina, ma la mia vita, quando sono diventata mamma, aveva preso un’altra strada. Nel ritaglio di tempo che avevo, potevo solo allenare. Poi ero già adulta, dunque il fatto di “Valeria giocatrice” è andato man mano ad esaurirsi.
Eppure nonostante la Sardegna sia la regione più titolata in Italia, non investe tanto sull’hockey. Come mai?
Si lavora molto male nel promozionale. Si pensi che all’estero iniziano a giocare all’età di 4/5 anni. Qui da noi è impensabile. A 4 anni un bambino non si avvicina neanche ad un campo sportivo. C’è una cultura diversa, non abbiamo la cultura per praticare uno sport per il benessere personale. Parlo di condivisione e confronto con altri bambini. Conoscere una disciplina sportiva, divertirsi a praticarla. E poi i campionati iniziano molto tardi. Fino ai 10 anni, i bambini non possono fare partite ufficiali nell’hockey. È il ritardare l’attività agonistica. Così altre discipline più diffuse prendono il sopravvento. Se non si va nelle scuole a insegnare lo sport, è difficile che il bambino ti venga a cercare come società sportiva.
Al debutto hai sconfitto la Lorenzoni. Cosa vuol dire una successo del genere nell’hockey?
La Lorenzoni è una società che ha investito molto nell’hockey, hanno un promozionale molto attivo. E già quando giocavo io era una bella gatta da pelare. Giocare contro e battere una squadra che ha cucito nella maglia tre scudetti un po’ di soddisfazione te la dà. Sono campionesse di hockey su prato, hockey indoor e anche Coppa Italia. Insomma, vincere contro una squadra così è stata una bella impresa. Le ragazze si sono misurate in maniera esemplare.
Come vedi il tuo futuro nella disciplina?
Penso soprattutto a mantenere la Ferrini nell’Elite del campionato. Giochiamo contro squadre piene di individualità molto forti, evolute. Il mio obiettivo è sia quello di salvarsi che quello di far crescere il gruppo a livello di spogliatoio. Voglio dare fiducia a ragazze so che sono state poco considerate, in modo che credano di più nello sport che praticano. Maturare la consapevolezza che in questo sport hanno tanto da dare.
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