Vigilia del congresso che eleggerà il nuovo segretario regionale del Partito Democratico. La partita è tra due candidati: per una migliore comprensione della sfida, Cagliaripad li ha intervistati entrambi.
Giuseppe Meloni è un avvocato, e da tempo è impegnato attivamente nella politica locale. Dal 2012 al 2017 è stato sindaco di Loiri Porto San Paolo, quindi ha scalato la politica sarda divenendo per due volte consigliere regionale.
Il suo nome era emerso molto forte lo scorso anno, come figura unitaria che avrebbe potuto dirigere il Pd. Poi le diverse scelte a livello nazionale hanno visto la sua candidatura rinviata fino al Congresso in arrivo.
Quando hai deciso di candidarti a segretario regionale del Pd?
Si è prospettata l’opportunità già un anno fa. Proveniva da ambienti che non sono poi quelli che hanno sposato la mia candidatura oggi. Poi il partito è andato verso le elezioni politiche, non si è più parlato di congresso. Dopo la sconfitta delle Politiche, in me è maturata la possibilità di poter essere il profilo di esperienza e forza che il partito stava cercando. Ho constatato la necessità di ricostruire. Sulla mia figura, non mi pare che nessuno abbia mai messo in dubbio che potessi fare bene il segretario. Il mio peccato originario sarebbe quello di essere non troppo distante da parti del partito che, secondo alcuni, andrebbero messe in minoranza. La mia candidatura è volta a superare queste logiche, non mi candido contro nessuno, ma per il Partito Democratico. Per un partito unito, compatto, che superi quegli schemi mentali che ci hanno imbalsamato per 15 anni.
Cosa la differenzia programmaticamente da Comandini?
Ci sono delle parti comuni perché con Piero abbiamo avuto diverse unità d’intenti. Credo di avere una forza maggiore nella capacità di rinnovamento di cui questo partito ha disperato bisogno. Se non altro perché la mia elezione non è dovuta a correnti di partito e quindi non dovrò sottostare ad accordi. Avrò maggiore capacità di rinnovamento del partito nei territori, per avvicinarlo alla gente, per dirimere conflitti locali, per fare in modo che si viaggi in soluzioni unitarie. Dall’altro lato avvierò una piattaforma programmatica affinché possa essere messo a disposizione nel tavolo di coalizione per costruire il percorso per le Regionali.
In caso di elezione, quali sarebbero le prime tre azioni politiche che la caratterizzeranno?
Primo di tutto cercare di ricompattare il partito, che viaggi con una unica voce. Poi lavorare a tavoli programmatici. E avviare un tavolo di coalizione che raggruppi tutti i partiti e tutte quelle figure che si riconoscono nelle nostre idee di una alternativa di Sardegna rispetto al centrodestra. Insomma, ripartire dalla riunione che ci fu il 7 luglio dello scorso anno e alla quale non abbiamo dato seguito per vari motivi.
Se dovessero chiederglielo, si candiderebbe a governatore per il Centrosinistra?
Non ci sto minimamente pensando. Anche perché ritengo che il ruolo di segretario regionale non debba essere il trampolino per altri ruoli. Spero che non ci sia questa necessità. Al di là dei nomi, tutte le sensibilità che si siederanno al tavolo con noi dovranno ragionare a partire dai programmi. Il Pd compreso.
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