“La nostra società si comporta come un amante dal cuore spezzato: è cinica e sprezzante nei confronti dell’amore, considerato un sentimento stupido, inutile o noioso, una fantasia per adolescenti, un ripiego per chi non sa stare solo, un lusso per pochi”. A ventisette anni, Jennifer Guerra è tra le giovani autrici, giornaliste e attiviste femministe più seguite sui social in Italia, con oltre 45mila follower su Instagram.
Il salto arriva con il suo primo libro “Il corpo elettrico. Il desiderio nel femminismo che verrà” (Tlon, 2020) in cui traccia un percorso che parte dall’autocoscienza del corpo femminile e arriva fino ai gender studies contemporanei, per recuperare i concetti e le lotte femministe e adattarle al nuovo millennio.
Nel frattempo scrive su importanti testate giornalistiche nazionali come L’Espresso, Sette Corriere, Fanpage.it e Valigia Blu.
Oggi è in giro per il Bel Paese con il suo ultimo libro “Il capitale amoroso. Manifesto per un eros politico e rivoluzionario” (Bompiani, 2021), che ha presentato anche all’ultimo incontro letterario del Marina Café Noir, il 17 dicembre, al Teatro Nanni Loy di Cagliari.
Oggi presenti “Il capitale amoroso”. Cosa c’entra il capitalismo con l’amore?
È una relazione bidirezionale, nel senso che da un lato la nostra idea dell’amore è fortemente condizionate dalle condizioni materiali ed economiche. Faccio un esempio molto pratico: la maggior parte di noi riserva agli amori, agli affetti, ma anche alle cose che ci piacciono fare nella vita, la parte residuale delle nostre giornate. La maggior parte del tempo la passiamo lavorando, le donne poi si dedicano alla cura della casa e dei figli, quindi il tempo che riusciamo a dedicare all’amore è pochissimo. C’è poi un’influenza molto ideologica, nel senso che il profitto, l’accumulazione, l’assenza di rischi e l’ossessione per la sicurezza sono tutti valori tipici del sistema capitalistico che noi tendiamo ad applicare anche all’amore.
E invece l’amore che cos’è?
In questo libro ho provato a dimostrare che l’esperienza dell’amore ci insegna a costruire una comunità migliore, perché nella sua essenza l’amore è prendersi cura degli altri. E anche la politica, se la spogliamo di tutte le sue sovrastrutture, è la stessa cosa.
Ti occupi da tempo anche di tematiche di genere. In un recente articolo hai scritto riguardo la “carriera Alias”, contro cui l’associazione Pro Vita ha presentato un’azione legale. Ci racconti cos’è successo?
La carriera Alias è un accordo di riservatezza tra le scuole, le famiglie e gli studenti, per cui la scuola predispone i documenti interni come il registro elettronico o le verifiche, utilizzando il nome di elezione per un minore o anche maggiorenne che è in transizione ma che non ha ancora rettificato i documenti ufficiali. Questo processo avviene in seguito a una sentenza passata in giudicato quindi ci vogliono anche anni. Per i minorenni non è così scontato, perché non tutti intraprendono il percorso medico, cosa che è necessaria per avere i documenti. Molti minorenni, quindi, scelgono questa strada, che è quella della “transizione sociale”, ovvero assumono l’identità col genere di elezione senza intraprendere un vero e proprio percorso di transizione. La scuola si impegna a rispettare le loro richieste senza divulgare i documenti anagrafici con il nome scorretto. Questa pratica esiste da una decina d’anni, ma negli ultimi anni è diventata molto diffusa, e soprattutto è passata dalle università alle scuole superiori. Ed è qui che si è creato il problema. Ci sono circa 150 scuole in Italia che hanno adottato la carriera Alias, che non ha conseguenze né sul piano legale né sul piano medico.
C’è però chi sostiene che ci sia il rischio che degli studenti così giovani possano fare delle scelte non pienamente consapevoli. Tu cosa rispondi?
Non è una questione di scelte poco consapevoli perché innanzitutto è un profilo temporaneo, quindi non definitivo. E inoltre per quanto riguarda la questione dei minori con varianza di genere si crea molto allarmismo su che percorso effettivamente intraprendono. Molto spesso è la strada della transizione sociale, quindi non ci sono conseguenze fisiche, al massimo si ricorre ai bloccanti della pubertà, che sono dei farmaci che bloccano lo sviluppo dei caratteri sessuali. Sono molto osteggiati dal punto di vista ideologico da persone che addirittura arrivano a negare la condizione transgender, però sono approvati dalla comunità scientifica. E anche in questo caso, si tratta di farmaci che si può smettere di assumere quando si vuole per sviluppare normalmente i caratteri del proprio sesso biologico.
Se andiamo negli Usa, dopo il passo indietro sull’aborto, ci si aspettava una ribalta dei democratici nelle elezioni di medio termine. E invece i conservatori hanno dimostrato di avere ancora una buona fetta dell’elettorato statunitense, anche femminile.
In realtà io la vedo diversamente, e cioè che ci si aspettava una vittoria dei repubblicani molto più ampia e invece così non è stato, tanto che i democratici hanno tenuto il controllo della Camera. Per quanto riguarda l’elettorato femminile, non ci dobbiamo stupire che ci siano donne che sono contrarie all’aborto, perché essere donna non fa di te una persona sensibile a questi temi. I sondaggi ci dicono comunque che la maggior parte degli americani è favorevole a una qualche tutela dell’aborto. La situazione negli Usa è un po’ diversa che da noi: secondo la sentenza Roe v. Wade l’aborto era possibile fino a 24 settimane, che è un termine molto più ampio rispetto a quello che c’è in Italia. Quindi è considerato “restrittivo” qualsiasi termine al di sotto di questa soglia, ma moltissimi americani troverebbero accettabile una legge come la nostra 194.
Quindi non c’è un rischio vero e proprio di “abolire” la legge sull’aborto.
Be ci sono anche dei voti popolari che confermano il fatto che gli americani sono a favore dell’aborto. Ad esempio in Kansas, secondo l’ultimo referendum sulla Roe v. Wade, c’è stata un’altissima percentuale per mantenere il diritto all’aborto. E così in alcuni stati, durante le elezioni di medio termine, sono state inseriti anche dei quesiti referendari, e in Michigan, che è un paese tendenzialmente conservatore, l’aborto è stato mantenuto anche grazie al voto. L’opinione pubblica può sembrare di un altro avviso, ma i dati ci dicono che c’è la volontà di garantire il diritto all’aborto.
Leggi le altre notizie su www.cagliaripad.it