Fabio Liverani aveva promesso che il “vero Cagliari” si sarebbe visto dopo dieci partite di campionato. Dopo 15, però, sta ancora cercando di dargli una identità. Sorpreso, forse anche lui, da una squadra poco calata nella dimensione della Serie B. E da una opinione personale tattica ancora molto confusionaria.
Dopo quindici giornate, il Cagliari non ha una squadra base. I giocatori vengono spesso alternati, a volte anche cambiati di ruolo. È il caso emblematico di Nahitan Nandez: a volte mezzala, a volte ala, a volte terzino, qualche volta attaccante. E così, quello che pareva un gioiello bramato dalle big di Serie A, si è ritrovato a fare i conti coi limiti imposti dal suo stesso allenatore.
Che dire di Altare? Non eccelso in questo inizio campionato, ma anche accantonato in favore di un compagno (Obert) tanto in difficoltà quanto lui.
A centrocampo la continua disputa su Viola sì Viola no, Makoumbou sì Makoumbou no, Deiola sì Deiola forse. Ora ha (ri)scoperto Kourfalidis, che non può essere la soluzione a tutti i mali.
Emblematico l’attacco. A parte Lapadula, hanno girato tutti in cerca di fortuna. L’unico che ha risposto sempre presente è stato Luvumbo, amato da pubblico e critica, ma costretto una domenica sì e una no a sedersi in panchina. Per poi essere chiamato a salvare la squadra in difficoltà.
Perché il Cagliari fa tanta fatica. Gioca male, regala tanti minuti agli avversari, soffre più del dovuto, e non impone mai il gioco. E se dietro balla spesso, davanti riesce a rendersi solo poche volte pericoloso. Non una situazione ideale per una formazione sul quale tutti puntavano per una promozione diretta.
Invece i rossoblù devono più guardarsi alle spalle, dove a piccoli passi le “piccole” si avvicinano rendendo pericolosissimo il prosieguo del campionato. La distanza è di soli 4 punti: senza una svolta nell’infrasettimanale a Terni, la situazione potrebbe costringere la società a prendere provvedimenti.
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