La pandemia ha inciso su molti settori lavorativi. La cultura è stato uno di quelli che ha pagato maggiormente lo stop, con le maestranze costrette a rimanere a casa per mesi senza poter ricevere uno stipendio. La ripartenza dopo due anni è stata accolta con entusiasmo: la gente ha ripreso a seguire i concerti, gli spettacoli teatrli, le presentazioni letterarie.
Ma come è stato vissuto “da dentro” questo stop? Simeone Latini è un attore, doppiatore, speaker, regista teatrale. È stato e sarà di scena in questo mese di novembre sia al Teatro Akroama che al Teatro Lirico con due spettacoli diversi.
Ai nostri microfoni ha raccontato com’è stato fermarsi e vivere in maniera differente il suo lavoro senza il contatto del pubblico. Ma soprattutto com’è stato riaccogliere lo stesso pubblico con la capienza al 100% nei teatri.
Com’è stato lavorare in questi due anni di chiusure per via della pandemia?
La pandemia ha cambiato un po’ di cose. Nel senso che abbiamo dovuto trovare una dimensione diversa. E soprattutto non smettere di lavorare. Quindi abbiamo cercato di continuare compatibilmente con tutte le indicazioni ministeriali. Ci siamo comunque dati da fare, abbiamo creato nuovi spettacoli. Io durante la pandemia sono anche andato in tourneè. Dunque siamo andati avanti. Il teatro ha continuato a vivere in attesa di poter riaprire. È stata una cosa un po’ triste e faticosa, era evidente che c’erano dei timori per via del virus. Non avremmo comunque potuto riaprire come avremmo voluto. Poi la contingentazione che c’è stata, ad un certo momento la situazione è stata sconfortante: vedere il teatro quasi vuoto ti faceva pensare che non saremmo tornati alla normalità. Per fortuna adesso abbiamo riniziato a pieno regime e devo dire che pubblico è tornato abbastanza bene: la sala in queste giornate di inaugurazione erano piene, per cui è stato un periodo difficile ma che ha portato alla rinascita dell’interesse. La condivisione ci è mancata enormemente. Ho visto le persone tornare con gioia.
Hai fatto dei tour in questi due anni. Quali sono state le differenze tra le date in Italia e quelle all’estero?
Io da molto tempo mi divido fra la Sardegna e tutto il resto. Perché parlo anche in inglese e in spagnolo, cerco di viaggiare sempre tanto. Sono stato fuori dodici anni, tra Roma, Italia, Messico e Inghilterra. Quindi ho questa voglia di portare il mio lavoro fuori. Sono rientrato nell’isola volentieri e ho messo a disposizione la mia esperienza, però mi piace anche mantenere un rapporto con l’esterno. Durante la pandemia, in Portogallo, il pubblico era molto spaventato. Per cui è stato complicato avere a che fare con un pubblico vasto. Non c’era molta gente, solo gli appassionatissimi. Quando siamo andati noi poi c’è stata una crescita di casi notevoli, dunque era veramente preoccupante. In Italia invece no, abbiamo trovato una buona situazione. Le sale erano ancora al 50% della capienza, però il pubblico veniva, stava sperando di tornare alla normalità. Quindi il pubblico si divideva tra timore e speranza. Non c’è una grossa differenza, tutti reagivano con grande cautela. Niente di troppo drammatico, la gente godeva dello spettacolo e veniva anche a parlarne.
E in questi due anni ha avuto modo anche di sviluppare magari di nuovi progetti che ti hanno tenuto un po’ occupato?
Sì, a voglia. Sono molto fortunato in realtà perché sono anche uno speaker: sono la voce di National Geographic, Sky, DeAgostini, Mondadori… ho potuto lavorare da casa in contatto con tutto il mondo. Virtualmente ho anche doppiato: si è creato uno studio di doppiaggio a Parigi e noi, tutti collegati, ognuno col suo pezzo e l’attrezzatura a casa, abbiamo potuto doppiare film per Netflix. Ci siamo dati un gran daffare. Io dal punto di vista economico sono riuscito a sopravvivere. Mancava il contatto col pubblico, quindi quei tipi di progetti non li abbiamo potuti portare a compimento. Abbiamo perso alcuni lavori, altri sono stati rimandati. È evidente che le difficoltà ci sono state. Io sono anche tornato sul set durante la pandemia con 4-5 cortometraggi e due film, quindi comunque abbiamo lavorato. Lavorare sul set è stato molto faticoso perché dovevamo tamponarci tutti i giorni. Ma alla fine ne è valsa la pena, abbiamo lavorato appesi ad un filo con uno stress colossale, ma motivati.
Come vivi il lavoro di doppiatore e speaker?
Il doppiaggio è la completezza del lavoro di attore. Tutte le cose che faccio hanno il tema comune della recitazione. L’uso della voce è legato a quello che faccio abitualmente, anche nell’insegnamento della recitazione. Lo vivo un po’ a distanza. Come speaker lavoro da casa: ho il mio studio, faccio gli audio e li spedisco in tutto il mondo. Invece il doppiaggio va fatto nei luoghi giusti, che in Sardegna non ci sono. Ho provato a viaggiare, ma era una cosa insostenibile. Mi hanno anche chiesto di trasferirmi a Roma, ma preferisco rimanere a Cagliari e spostarmi ogni tanto. Il lavoro di speaker invece ha una continuità che nessun altro lavoro ha.
A proposito di progetti: a fine mese sarai anche di scena al Teatro Lirico
Collaboro col Lirico da tanti anni. Sono la loro voce narrante e ogni tanto anche attore. Ho iniziato da bambino, mia madre era la corista nel coro del Lirico. Quindi ho frequentato fin da piccino col coro delle voci bianche e poi ho continuato a mantenere un rapporto con loro, ho fatto anche una regia de La Traviata che aveva inaugurato lo spazio esterno del Teatro. E poi ho lavorato a diverse produzioni, fino ad arrivare a questo che è un progetto molto bello dal titolo “In amoroso furore”. È la prima mondiale, il Teatro Lirico ha commissionato a Marco Tutino, un concerto recitato molto bello con una intensità particolare. Sarà recitato in italiano e in sardo. Per questo sto studiando bene il sardo, che ha la stessa nobilità e la stessa difficoltà dell’inglese o del tedesco. Mi ci sto buttando a capofitto e mi piace molto. Lo faremo il 25 e il 26 al Teatro Lirico.
Ma non è l’unica occasione in cui sarai impegnato..
Sì, è vero. Ho fondato una piccola compagnia teatrale che nasce dai miei corsi teatrali nella scuola civica di San Sperate dove sono docente di recitazione teatrale. E con le ragazze del corso abbiamo deciso di celebrare la giornata contro la violenza sulle donne facendo uno spettacolo dal titolo “Singolare femminile”. Ci saranno sei donne sul palco, musica, danza.. tutti noi abbiamo molto a cuore questo spettacolo. Gli impegni in questo periodo sono una marea, ma ci sono abituato. Andrò anche in tour con lo spettacolo “Lo Straniero”. Andrò a Palermo, a Verona e Bologna. Tra poche settimane partiamo.
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