“El Principe” per la sua eleganza nelle movenze e nelle intuizioni geniali. Quelle intuizioni che hanno stregato e formato un fenomeno come Zinedine Zidane. “El Flaco” per la sua magrezza, che gli regalava una rapidità ed una fluidità di gioco inusuale per un giocatore estremamente tecnico.
Enzo Francescoli compie oggi 61 anni. Un campione che a Cagliari fece impazzire i tifosi. Un amore corrisposto, e ricordato pochi mesi fa quando l’uruguayano è tornato in città per essere festeggiato dalla società rossoblù.
In questo giorno speciale, assieme al giornalista Nicola Muscas abbiamo provato a tracciare un profilo di cosa è stato Francescoli per tutti i tifosi sardi. Soprattutto dopo che ha scritto un romanzo, “Isla Bonita” uscito in anno e mezzo fa, in cui raccontava le gesta dentro e fuori dal campo di un giocatore uruguaiano proprio nel Cagliari
Cosa è stato Francescoli per i tifosi del Cagliari?
I tifosi del Cagliari hanno visto in lui un giocatore diverso, da quelli molto forti visti a Cagliari nei decenni precedenti. La potenza di Riva richiedeva una tempra d’acciaio e una esplosività che non ha avuto eguali nella storia del calcio italiano. Francescoli è stato un calciatore diverso, vediamo per la prima volta una qualità tecnica che dalle nostre parti si era vista poco. Ci è voluto Zola più di dieci anni dopo per ritrovare quel tipo di qualità. Dal punto di vista emotivo, per me bambino di 8/9/10 anni, è stato un regalo. Pasolini diceva che essere tifosi di calcio è mantenere un cordone ombelicale con te stesso bambino. E quando sei bambino e hai la fortuna di vedere giocatori del genere, quel cordone ombelicale ovviamente si rafforza, è più profondo, ha un valore diverso. Per me bambino, Francescoli era il Calcio. In maniera totale. Un mese fa, a 60 anni, ha fatto un gol che nessuno di noi sarebbe stato capace di fare a 20, in una partita di addio al calcio di una vecchia gloria del River. È partito dalla trequarti, ne ha dribblato due, ha fatto un tunnel e ha segnato con un no look. Con la pancia, 60 anni sulle spalle, e tutto il resto.
Che tipo di giocatore è stato e come si è imposto alla platea internazionale?
Francescoli era un giocatore un po’ atipico. Era un nove e mezzo. Ha sempre giocato con la 9 ma aveva movenze da 10. Quando arriva a Cagliari, come accadeva a quei tempi, arretra il raggio d’azione e diventa più uomo di raccordo tra la trequarti e l’attacco. Tanto è vero che non segna tantissimo nei tre anni a Cagliari. Ma è la qualità delle sue giocate che lasciava a bocca aperta, per chi come noi veniva da molti anni di serie B e serie C. Peraltro si inseriva in quell’idillio d’amore che i tifosi del Cagliari hanno avuto con Ranieri e i fratelli Orrù. Era un calcio diverso, in cui erano possibile storie molto romantiche. Erano anni un po’ pirateschi. In cui giocatori come Enzo, considerato il secondo giocatore sudamericano più forte dopo Maradona, ad un certo punto finisce a Cagliari. Erano anni in cui questo poteva succedere: una serie A molto forte in cui una squadra neopromossa poteva fare un colpo del genere. Era anche un calcio in cui era possibile aspettare i grandi talenti. I primi sei mesi a Cagliari di Francescoli sono stati molto duri. Eppure la gente gli ha voluto bene sin da subito, c’era un clima meno avvelenato.
Però c’è una piccola delusione che lega Francescoli al Cagliari: l’anno della Coppa Uefa, Enzo passa al Torino. Cosa sarebbe stato quel Cagliari con lui e cosa è stato senza di lui?
Cellino aveva questa cosa di fare una cessione importante all’anno. Appena comprato il Cagliari vende Fonseca per 15 miliardi, l’esatta cifra con la quale aveva acquistato la squadra. L’anno dopo va via Francescoli, che a Torino si è trovato malissimo: troppo freddo, troppa nostalgia di Cagliari, pochi gol. Con Enzo nel Cagliari in quella Coppa Uefa, mi viene da dire che l’avremmo vinta, visto che ci siamo andati molto vicini senza il suo contributo. Ovviamente non abbiamo la controprova. Sarebbe sicuramente proseguita una storia d’amore che in tre anni è stata molto forte. In quel periodo storico tre anni non erano neanche tanti. Eppure è rimasto nel cuore dei tifosi come uno dei più forti di tutti i tempi. Sicuramente se fosse rimasto, Giorgi avrebbe dovuto trovare il modo di far convivere lui con Oliveira o Valdes. Non sarebbe stato molto difficile, c’era anche Matteoli. C’era tanta qualità in quel Cagliari, soprattutto ci sarebbe stata una panchina più lunga per trovare delle risorse in più. Quello fu anche un Cagliari che rischiò di retrocedere, si salvò all’ultima giornata con pochissimi punti di distacco dalla quart’ultima. Giocare due competizioni quando non sei abituato è durissimo oggi con le rose lunghe, figuriamoci 20 o 30 anni fa.
Se ripensi a Francescoli, hai una istantanea che ti ha fatto innamorare di lui?
Ce ne sono tante. Alcune rimangono più di altre. Ce n’è una che è così potente che non si può non citare: il gol alla prima giornata della sua seconda stagione col Cagliari, con la Sampdoria campione d’Italia, dove fa un tunnel a Vierchowod sulla linea laterale del campo e tira a girare con una destrezza e una qualità e una velocità che avrebbe mandato chiunque ai matti. Dopo di che ho presente alcune cose che ha fatto quando ha smesso di giocare. Generalmente quando un giocatore molto tecnico perde rapidità, è un po’ malinconico vederlo giocare da “vecchi”. Invece se vedi cosa ha fatto dopo aver smesso di giocare, in partite celebrative con la maglia del River, a me impressiona la freschezza di gamba che ha ancora, non l’ha persa.
C’è stato un giocatore che nel Cagliari, dopo Francescoli, ti ha interessato per quelle stesse caratteristiche?
C’è stato Zola molti anni dopo. Te ne dico due in più però. Uno Fabian O’Neill, altro uruguayano, che ho molto amato sino al punto da scrivere un romanzo ispirato alla sua parabola. Però era un playmaker di lusso che faceva cose matte. Come un Cagliari Perugia dove lui, per scommessa, promise di prendere a tunnel Gattuso – che già allora era un giocatore rognoso, molto difficile da scrollarsi di dosso. E se cerchi su YouTube quanti tunnel ha fatto a Gattuso quel giorno, è una cosa da fuori di testa. La sua figura caracollante avrebbe potuto far ricordare Enzo, ma questi aveva una rapidità diversa, un’etica del lavoro diversa, una fluidità diversa. Altro giocatore è stato Roberto Muzzi, il bomber dei miei sedici anni. Probabilmente se fosse nato dieci anni dopo sarebbe stato l’attaccante titolare della nazionale. In quegli anni c’erano un bel po’ di esuberi, e si è ritrovato ad essere per lungo tempo un bomber di provincia. Ma è uno che ha davvero fatto battere i cuori in quel finale degli anni 90.
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