Darwin Pastorin ha una esperienza e una voglia di calcio immensa. Tifoso della Juventus, giornalista impegnato in tantissimi progetti editoriali di alto livello (Tuttosport, Guerin Sportivo, Tele +, La7, Sky), ha un rapporto stretto con la Sardegna che lo lega sia ai parenti della moglie (che sono della Barbagia) e sia a Gigi Riva.
E di Gigi Riva abbiamo parlato, e del tifo che il figlio Santiago riversa nel Cagliari proprio sull’onda del mito rossoblù. Ne è uscito fuori un bel ritratto che viaggia tra passato e presente per tracciare il profilo di una figura immensa del calcio italiano e internazionale.
Se dico Gigi Riva, cosa ti viene in mente?
Mi viene in mente una delle persone più straordinarie che abbia conosciuto nella mia vita. Poi uno dei più grandi calciatori di tutti i tempi ma non soltanto in Italia.
Potrà sembrare strano ma ancora oggi alcuni dei suoi record permangono. Com’è possibile?
È possibile perché lui è stato veramente un calciatore completo. È stato un giocatore che potrebbe ancora oggi compiere meraviglie, perché non ha tempo, non ha età. Certi calciatori nel calcio di oggi, alla fine, si troverebbero a disagio. Ma lui no. Perché aveva tutto già allora: aveva il fisico, aveva la tecnica, aveva la potenza del tiro, il coraggio e le doti acrobatiche. E una volontà di ferro. Questo gli ha permesso di far parte di una leggenda del calcio che è quella legata allo scudetto del 1970 del Cagliari. Lui è stato sicuramente la figura dominante di quella squadra. Intorno aveva compagni di una bravura incredibile. Nené, Martiradonna, Albertosi e tutti gli altri. Pensa che mio figlio, che sta qui in Piemonte, per via dei nonni materni che sono della Barbagia, è diventato tifoso del Cagliari. Santiago non ne ha voluto sapere sin da piccolo: niente Juventus, solo il Cagliari. Quando nel 2014 gli ho fatto conoscere Riva a Cagliari, è rimasto molto felice perché davanti aveva il suo idolo. Il mito dei racconti di quando era piccolo. I nonni, invece di raccontargli le favole di tutti, gli raccontavano di Gigi. Una cosa mi ha fatto molto piacere: in quella occasione, Gigi disse a mio figlio “tuo papà non solo è un bravo giornalista, ma anche una brava persona”. Questo mi ha fatto piacere perché c’era una dolcezza nella sua voce. Non è mai stato arrogante o presuntuoso e poi appunto ha fatto questa scelta di vita di restare in Sardegna. Questo gli fa onore.
Una scelta che oggi sarebbe impossibile da replicare. È stata più un pregio o un difetto?
Assolutamente un pregio. Io tra l’altro ero ragazzino quando andai a vedere Juve-Cagliari due a due, la famosa partita del 70. So che c’era già allora un interesse da parte della Juventus, un interesse diventato negli anni ancora più forte. Infatti parlando con Boniperti, lui una volta mi disse: “Sai, io ancora porto dietro con me il foglio della proposta fatta al Cagliari per avere Riva”. Si trattava di dare al Cagliari 8 giocatori e un po’ di miliardi. Tu mi dirai che ci era rimasto male. Ma di fronte ad una scelta di questo genere non puoi dire nulla. Io ho avuto come idolo Anastasi, vederlo con Riva come nella finale degli Europei del 1968 sarebbe stato un gran piacere. Però nello stesso tempo c’era qualcosa di più importante che gli ha fatto dire no alla Juventus. Particolare come in quel periodo in cui tutti salivano al nord per lavorare, e anche alcuni calciatori come Anastasi e Cuccureddu che furono una intuizione di Agnelli, un ragazzo del nord aveva deciso di rimanere invece al sud. Era andato a Cagliari spaventato, ma quello spavento è durato poco.
Come si può descrivere Riva a chi non lo ha conosciuto?
L’ho raccontato tante volte nei miei incontri, nelle presentazioni, nei convegni. Soprattutto quando vado a parlare di letteratura del calcio. Gigi è stato un personaggio omerico, non c’è niente da fare. Sembrava uscito da un libro antico degli eroi. Le persone ti ascoltano perché sono curiose e ammirate da un calciatore che fa di una squadra di calcio e di un’isola un motivo di vita, non soltanto sportiva ma anche umana. È qualcosa che ti sorprende. Il calcio di oggi è diverso. I ragazzi non riescono neppure a finire la raccolta delle figurine perché i giocatori cambiano maglia a campionato in corso. Neppure la maglia vale più, poi la devono cambiare. Dunque il pensiero di quest’uomo che è stato campione nazionale, campione d’europa e quasi campione del mondo… era un grande bomber, non c’è un gol di Riva che sia banale. Se uno se li rivede tutti, lasciano a bocca aperta per la qualità. Io ho conosciuto tanti calciatori che hanno lasciato un segno nel calcio, ma nessuno ha una nobiltà straordinaria come Gigi. Non puoi far altro che che rispettarlo e volergli bene.
Il 7 novembre, il giorno del compleanno di Riva, esce anche il film a lui dedicato. Cosa ti aspetti dal film e cosa ti verrebbe voglia di dire Gigi?
A Gigi dico che gli voglio sempre bene, gli mando un abbraccio. Santiago adesso si sta per laureare in Scienze Internazionali e continua a tifare Cagliari nel nome suo. Dal film mi aspetto non soltanto la parte calcistica, ma sarà determinante il suo racconto, la storia sua, la storia dell’uomo.
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