La scuola in Sardegna ha riaperto i cancelli in questi giorni accogliendo studenti, insegnanti, personale scolastico e dirigenti. E’ il ritorno alla normalità dopo due anni costellati dalle difficoltà indotte dal Coronavirus: niente più obbligo di mascherina, niente distanziamento in classe, niente Didattica a distanza (neanche per i positivi).
Un indagine del portale Skuola.net ha però messo in luce come le scuole potrebbero non essere preparate a gestire una possibile impennata dei contagi, qualora accadesse. E in Sardegna si aggiungono le complicanze dovute ad una digitalizzazione inadeguata e alla mancanza di corse autobus sufficienti per tutti gli studenti.
Ai nostri microfoni Laura Caddeo, consigliere regionale di Demos ed ex insegnante e dirigente scolastica, ha provato a tracciare sia le problematiche che le soluzioni necessarie per il miglioramento del sistema scolastico isolano.
È iniziato un nuovo anno scolastico: quali sono i suoi auspici?
Il mio auspicio è che ciascuna bambina e ciascun bambino, ciascuna ragazza e ciascun ragazzo vivano questi 200 giorni che li attendono nel totale benessere psicofisico, che l’apprendimento sia per loro motivo di piacere autentico e di divertimento e che per le eventuali difficoltà che incontreranno possano trovare a scuola e, in modo particolare, in se stessi la forza d’animo per affrontarle e per superarle con successo. Alla scuola nel suo complesso auguro naturalmente un anno finalmente sereno, durante il quale si possa restituire all’intera comunità scolastica la misura esatta di un progetto e di un percorso educativo e formativo finalizzato a colmare qualsiasi forma di disuguaglianza.
Disuguaglianze che purtroppo esistono fuori e dentro la scuola e che troppo di frequente ostacolano e impediscono il raggiungimento dei migliori risultati per ognuna delle alunne e degli alunni che la frequentano.
Tante volte ha messo in luce le difficoltà della scuola sarda. Quali sono i problemi principali e cosa può fare la regione per superarli?
Sono sempre più convinta che il principale problema della scuola, e quella sarda non ne è immune, sia quello di non riuscire a raccontare efficacemente il proprio operato, il senso profondo della sua mission. Ne deriva che le riforme, i provvedimenti, i finanziamenti che nel tempo si succedono per risolvere principalmente il problema della dispersione e dell’abbandono scolastico, diventano toppe sempre fuori misura rispetto al buco che vogliono coprire.
La spiegazione risiede nel fatto che nessuno vuole con decisione affrontare seriamente e senza demagogie i reali bisogni della scuola e dell’istruzione. Premetto subito che quando si parla di quello che non va bene nella scuola non si possono ignorare le centinaia di esperienze di qualità e perfino di eccellenza, ma non si possono allo stesso tempo ignorare contesti in cui la centralità dell’individuo in formazione viene compromessa a causa di numerosi fattori: edifici inadeguati, classi troppo numerose, inclusione delle disabilità e dei bisogni educativi specifici spesso inefficace, organizzazione inaffidabile dei trasporti, ottusità ministeriale nella distribuzione dei contingenti del personale che molto spesso costringe completamenti orari di perfino due sole ore in altri istituti scolastici, distribuzione delle autonomie scolastiche nei territori, in alcuni casi con modifiche alla organizzazione delle classi e delle scuole perfino di anno in anno.
Le Regioni temo non abbiano finora saputo utilizzare al meglio le opportunità che ci offre la Riforma del Titolo V della Costituzione laddove le competenze regionali in materia di diritto all’istruzione e alla formazione professionale sono ancora scarsamente esercitate. Competenze che dobbiamo rivendicare in sede di conferenza Stato-Regioni per decidere anche, e non solo, della distribuzione delle autonomie nell’isola e degli indirizzi che offriamo ai nostri adolescenti con le Scuole secondarie di secondo grado.
Di anno in anno sembra esserci sempre meno interesse per la scuola. Al lavoro importante di insegnanti e dirigenti non fa il paio un adeguato supporto politico. Da quando sta andando avanti questa situazione e perché si è creata?
Io non sono sicura che in Italia, e quindi anche in Sardegna, ci sia stato mai un autentico interesse per la scuola, se per interesse intendiamo la volontà di conoscerla bene attraverso chi la agisce quotidianamente e quindi attraverso gli addetti ai lavori. E’ sufficiente seguire qualche programma televisivo o sfogliare i giornali proprio in occasione dell’avvio dell’anno scolastico per accorgerci dell’approssimazione con cui si parla di scuola.
Molto spesso non si conosce neanche l’organizzazione spicciola di questa istituzione, si parla di tempo scuola come di un’unica indistinta offerta senza considerare i diversi ordini di scuola; si banalizza il lavoro di tutte le categorie di personale come se si parlasse di un ufficio che disbriga pratiche burocratiche. Ma la cosa a mio avviso gravissima é che raramente si parla di chi la frequenta e dello scopo per cui la si frequenta, del fatto che la scuola esiste e deve esistere per la formazione dell’individuo, per la crescita intellettuale e psicologica della persona. Non si può ignorare che questo processo non è procrastinabile e in quanto tale non può essere interrotto o rallentato o ridotto a piacimento e comunque sempre per fare economie.
Non può essere assoggettato a logiche mercantili e a finalità che non siano unicamente la formazione globale della personalità dai tre ai diciannove anni.
La pandemia ha aperto il vaso di pandora riguardo la digitalizzazione in Sardegna. Come siamo messi e come può esser possibile avviare un processo di crescita, soprattutto nelle zone interne dell’Isola, solitamente isolate digitalmente rispetto alle altre comunità?
Anche su questo tema è giusto che ci si intenda. La pandemia ha certamente portato a galla un ulteriore problema, un ulteriore ostacolo alla realizzazione del percorso formativo nella sua gradualità e nella sua continuità. Ma come abbiamo già visto, la scuola di problemi e di ostacoli all’efficace compimento della sua mission ne ha parecchi e di diversa natura. La pandemia ha evidentemente mostrato come, mancando la condizione principale dell’essere scuola, cioè la contemporanea frequenza di tutti i soggetti che la rendono concreta, non si sia potuto contare su una condizione alternativa, che consentisse la contemporanea frequenza anche se a distanza.
Si è dovuto riconoscere che il diritto all’istruzione non poteva essere garantito a tutte e a tutti gli studenti a partire dalla scuola dell’infanzia. La disuguaglianza che la mancata digitalizzazione esprime quotidianamente in qualsiasi sfera della vita dei cittadini e delle cittadine sarde, ha trovato una cassa di risonanza potente e diffusa anche nella scuola, dimostrando che ci sono piccoli e meno piccoli centri della nostra isola che non ne possono fruire e l’impossibilità di realizzare la Didattica a Distanza è stata solo la classica punta dell’iceberg.
Io sono convinta che non possiamo continuare a riempirci la bocca di concetti importanti e imprescindibili nel progetto educativo e formativo che predisponiamo per i nostri alunni e alunne come l’importanza di condurre tutti e tutte verso la capacità di osservare, interpretare e incidere nella realtà, nel mondo che ci circonda senza che lo strumento principe sia il dialogo. Il dialogo tra docenti e alunni, tra scuola e famiglia, tra scuola e le persone della comunità in cui la scuola insiste, per conoscere, per collaborare, per contribuire, ognuno per il ruolo che riveste in quella comunità alla complessità del progetto educativo.
Ci vuole dunque il tempo scuola necessario, gli spazi da utilizzare pedagogicamente, gli strumenti culturali da cogliere, la competenza pedagogica e didattica dei docenti per realizzare consapevolmente e responsabilmente il percorso. Dobbiamo immaginare e lavorare politicamente per una scuola che non può essere un modello unico e uguale in ogni contesto. Dobbiamo resistere alla tentazione di un ritorno al passato che può confortare solo chi non sa affrontare i cambiamenti della nostra società. Dobbiamo interpretare il contesto che ci circonda per declinare una proposta di scuola che sia coerente con quelle caratteristiche e soprattutto fedele allo scopo principale della scuola: la formazione di personalità che sappiano guardare il presente con autonomia di pensiero e con capaci di immaginare creativamente il futuro.
Leggi le altre notizie su www.cagliaripad.it