Prima di rilasciare concessioni demaniali di enormi porzioni di superficie marina, per trent’anni, è necessario valutarne l’impatto ambientale con garanzie sulla sicurezza degli impianti e assoluta certezza dell’assenza di impatti negativi sull’ambiente marino e sulle attività esistenti quali pesca, turismo, trasporti tra gli altri. A dirlo è l’associazione Italia Nostra Sardegna, che ha partecipato online alle tre Conferenze di Servizi tenutesi nei giorni 23, 24 e 25 agosto riguardanti la realizzazione di 4 parchi offshore proposti dalla società Sea Wind.
I primi si chiamano “del Toro 1”, che dovrebbe sorgere a 10 chilometri dalla costa dell’Isola di Sant’Antioco e “del Toro 2” a 75 chilometri. Gli altri due sono quelli proposti dalla Nora Ventu: “Nora Ventu 1”, distante tra i 22 e i 34 chilometri da Capo Teulada, e “Nora Ventu 2” a 30 chilometri da Capo Carbonara, sotto l’area marina protetta di Villasimius. Nel complesso si parla di 141 aerogeneratori, alti intorno ai 270 metri, per una potenza complessiva di circa 2.000 MW.
La Capitaneria di Porto di Cagliari, in linea con le direttive ministeriali, si è detta disposta a rilasciare le concessioni solo in caso di esito positivo dell’iter autorizzativo in capo al Ministero della Transizione Ecologica. Anche la posizione dei sindaci dei Comuni costieri maggiormente interessati è stata chiara e decisa nel rivendicare maggiori certezze sugli impatti ambientali degli impianti e nel chiedere una Valutazione di Impatto Ambientale Cumulativa (VIA) degli stessi.
Secondo Italia Nostra Sardegna “esiste una vera e propria corsa ad accaparrarsi immense aree marine per l’installazione di questi impianti”. Ad oggi, fa notare l’associazione, sono state presentate ben 15 richieste per l’installazione di 809 pale attorno alla Sardegna, per una potenza complessiva superiore a 12mila MW. “Se tutti questi impianti venissero autorizzati – prosegue l’associazione -, anche tenendo conto degli impianti eolici e fotovoltaici a terra già realizzati, nonché quelli ulteriormente proposti, si arriverebbe ad un potenziale picco massimo di oltre 20mila MW. Ciò significa che l’insieme degli impianti sarebbe in grado di produrre una quantità di energia tecnicamente non utilizzabile e neppure esportabile”.
“Non esiste – prosegue Italia Nostra Sardegna -, una programmazione e/o pianificazione sull’utilizzo del mare e uno studio adeguato sulla sostenibilità̀ ambientale, sociale ed economica degli impianti eolici offshore che ne garantiscano la possibilità di coesistenza con altre attività, come la pesca, l’acquacoltura, il trasporto marittimo, la navigazione, il turismo e così via, come impone la stessa Strategia Europea del 2020 sulle potenzialità dello sfruttamento dell’energia eolica off-shore”.
“Manca del tutto un serio studio sull’impatto paesaggistico delle pale, alte due volte e mezzo l’isola del Toro – aggiunge ancora l’associazione -. Le ulteriori, numerose lacune emergenti nella documentazione prodotta dalle società, suggeriscono l’applicazione del principio di precauzione, principio universale che impone di non procedere nell’autorizzazione per evitare danni superiori ai benefici che tali impianti potrebbero produrre”.
Il progetto, poi, prevede la rimozione di ampie superfici di prateria di posidonia, che dovrebbe essere reimpiantata in un secondo momento. La stessa ISPRA solleva seri dubbi sulla bontà delle operazioni di espianto e di reinpianto delle praterie di posidonia rimossa.
Ma c’è di più: “Gli impianti proposti dalla Sea Wind e non solo sono progettati per utilizzare un pericolosissimo gas climalterante, l’esafloruro di Zolfo (SF6), che potrebbe disperdersi in atmosfera. La Commissione UE prevede la messa al bando di tale gas, già nei prossimi anni. Inoltre – conclude l’associazione – lo stesso piano di dismissione è carente e ipotizza, tra l’altro, di abbandonare, affondandole, le piattaforme di calcestruzzo direttamente sul sito”.
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