Le tragedie che quotidianamente avvengono sulle strade sarde ripropongono il tema dei guardrail che a volte si rivelano controproducenti per la sicurezza dei motociclisti e degli automobilisti. Ieri a Ghilarza è morto un motociclista e la sua compagna è rimasta gravemente ferita, a seguito dell’urto su un guardrail posto in quella che prima era un’aiuola libera da ostacoli. Sabato scorso a Cagliari e a Sassari, due motociclisti hanno riportato gravi conseguenze andando a sbattere sui paletti del guardrail dopo banali cadute; nello stesso weekend tre incidenti con la stessa dinamica e con le stesse gravi conseguenze si sono verificati in alta Italia. Il 19 giugno sulla SS 387 vicino a San Vito, un’auto ha impattato sulla cuspide del guardrail, priva di attenuatore o quantomeno del terminale interrato o girato verso l’esterno della carreggiata e questo ha trafitto l’auto uccidendo il guidatore. Due anni fa, nella stessa strada a Serdiana, la barriera ha trafitto un’auto e la conducente si è salvata per 10 cm; se a bordo ci fosse stato un passeggero questi non avrebbe avuto possibilità di salvezza. Dopo entrambi gli incidenti le barriere sono state rimontate nello stesso modo delle preesistenti.
“Che un dispositivo che dovrebbe salvare le persone sia ciò che ne cagiona la morte o gravissime lesioni è un fatto di estrema gravità”, scrive Michele Vacca, referente Sardegna dell’AMI (Associazione Motociclisti Incolumi).
“I guardrail sono fondamentali per trattenere i veicoli quando le conseguenze dell’uscita di strada sono peggiori dell’urto sulla barriera, ad esempio se c’è un burrone. Se invece c’è un campo, che si comporterebbe da naturale via di fuga non va montato perché i danni dell’urto sulla barriera sono maggiori di quelli che verrebbero riportati uscendo di strada. Dove i guardrail servono, vanno dotati di protezione salvamotociclisti che permette al centauro di scivolare lungo la stessa e perdere l’energia gradualmente; in questo modo di evita di impattare sui paletti o di passare tra assi e cadere giù dai burroni ; nelle cuspidi va montato l’ attenuatore d’urto, uno speciale guardrail telescopico dotato di ammortizzatori che riesce a bloccare un veicolo anche a 110 km all’ora”.
Il costo unitario parte da 8.000 euro – prosegue Vacca – ed è basso in confronto ai costi sociali di un decesso o un’invalidità permanente, ma non è pensabile che venga istallato l’attenuatore davanti a ogni barriera in un battito di ciglia. Il criterio di scelta dell’ANAS di dare priorità nell’istallazione degli attenuatori in base al traffico è ineccepibile e i dispositivi montati nelle statali 131, 125, 195 e 729 in questi anni hanno permesso di salvare la vita ad almeno 15 persone. Anche quelli istallati dal Comune di Cagliari sull’Asse Mediano hanno salvato diverse vite, l’ultima la settimana scorsa.
Secondo il referente dell’AMI, nelle strade meno trafficate bisogna effettuare un lavoro puntuale di eliminazione delle barriere superflue, installazione degli elementi di transizione che colleghino le barriere consecutive e degli elementi terminali ricurvi che hanno costi più bassi degli attenuatori. Pur non attutendo l’urto impediscono alla lama di penetrare nell’abitacolo.
“In tempi recenti – evidenzia Vacca – una ragazza sulla SS125 ha capottato con la sua 500, ma grazie al terminale ricurvo presente da qualche mese, il guardrail non è penetrato ed è rimasta illesa. L’ANAS negli scorsi anni ha montato i dispositivi salvamotocilsta nei tratti in curva della nuova Sassari-Olbia.
Eppure, nelle strade preesistenti in gestione ANAS non ce n’è nemmeno uno. “L’azienda ha avviato un piano di sostituzione delle barriere per il valore di più di trecento milioni; è condivisibile anche qui il criterio di precedenza ai tratti più ammalorati e alle strade più trafficate, è inaccettabile invece che stiano montando barriere di vecchia concezione prive del dispositivo salvamotociclista previsto dal DM 1° aprile 2019; queste barriere sono destinate a restare in essere per decenni e non sono predisposte per poterlo montare in un secondo tempo”.
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