“In Sardegna quasi un detenuto su quattro è straniero. Sono infatti 426 su 2011 ristretti, distribuiti in tutte le dieci strutture penitenziarie con una maggiore incidenza nelle case di reclusione all’aperto. Sono infatti il 66% a Mamone-Onanì, il 64,5% a Is Arenas-Arbus e il 50% a Isili. La loro presenza è significativa anche nelle case circondariali di Sassari-Bancali (27,5%) e di Cagliari-Uta (16,6%)”. Lo afferma Maria Grazia Caligaris dell’associazione Socialismo Diritti Riforme con riferimento ai dati del Ministero della Giustizia, elaborati dall’Ufficio Statistica del DAP, relativi al 31 maggio 2022, facendo osservare che “ci sono stati periodi in cui nelle Colonie Penali i ristretti stranieri ammontavano a oltre 80%, erano invece pochissimi nelle Case Circondariali”.
“Il resoconto del Ministero – sottolinea – offre uno spaccato delle nazionalità presenti nei dieci istituti isolani, sebbene non sia dato conoscere quante siano le donne straniere ristrette e la loro origine etnica, mancando una indicazione sul genere. La maggior parte dei detenuti stranieri dietro le sbarre, il 40% dei ristretti, sono originari del Maghreb (174 su 426). Primeggiano i marocchini (105), seguiti da tunisini (41) e algerini (28). Dell’area del Nord Africa nelle carceri sono presenti anche 12 egiziani. Nel complesso il 43%. Un altro gruppo culturale e linguistico importante è quello dei nigeriani, 51 (11,9% del totale) seguito da romeni, 34 (7,9%) e albanesi, 25 (6,9%). Sono inoltre presenti detenuti del Gambia (17), Senegal (16) della Bosnia e Erzegovina (8), Siria (7) e Ucraina (7), Gana (5), India (5), Polonia (4) Pakistan (4) e Cina (4). I numeri si completano con altri che vivono l’esperienza detentiva da soli”.
“I dati del Dipartimento – osserva ancora la rappresentante di SDR – non indicano le nazionalità presenti nei singoli carceri, è evidente però che in queste condizioni la presenza dei mediatori culturali diventa uno strumento indispensabile per fare in modo che la permanenza di queste persone nelle carceri sia utile al loro recupero sociale. La conoscenza della lingua ma anche del bagaglio culturale e delle abitudini rende proficuo il lavoro degli operatori della sicurezza e del trattamento. L’integrazione è legata alla possibilità di ben comprendere le regole della vita in un Istituto e di adattarsi. Talvolta infatti alcuni atti di autolesionismo nascono da incomprensioni generate dalla scarsa conoscenza della lingua”.
“Per quanto riguarda infine la presenza di detenuti nelle carceri emerge ancora una volta che le case di reclusione di Oristano-Massama, con 263 detenuti per 259 posti, e Tempio-Nuchis, con 176 per 170, risultano – conclude Caligaris – oltre il limite regolamentare e le colonie penali semi-vuote. Niente di nuovo anche per quanto riguarda direttori (5 per 10 Istituti) e il provveditore, le candidature per il quarto interpello si sono concluse il 24 maggio scorso. Speriamo in un provvedimento straordinario e immediato che possa rendere l’estate degli operatori penitenziari, dei detenuti e dei loro familiari più serena”.
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