Sono due le leggi regionali, entrame licenziate il 30 giugno scorso, impugnate dal Consiglio dei ministri. La prima riguarda il sostegno e la promozione della cannabis sativa (anche detta “cannabis light”), mentre la seconda vorrebbe portare da tre a quattro il numero massimo di mandati possibili consentiti ai sindaci di Comuni fino a tremila abitanti, da due a tre quelli a sindaci dei centri abitati dai tre ai cinquemila abitanti, e che cambierebbe le regole sul reclutamento dei segretari comunali consentendo l’iscrizione all’Albo ai vicesegretari senza bisogno di superare il concorso previsto.
È la quindicesima volta, da quando la Regione è guidata dal centrodestra, che il Governo decide di presentare ricorso davanti alla Corte Costituzionale contro una legge sarda. Già nei giorni scorsi gli uffici dei ministeri competenti avevano notificato le contestazioni alla Regione: le motivazioni sono perlopiù riconducibili alla violazione dell’articolo 117 della Costituzione che definisce con precisione gli ambiti di competenza legislativa delle Regioni e dello Stato.
La Sardegna, secondo quanto riporta l’esecutivo, eccede in entrambi i casi le competenze attribuite dallo Statuto. Nel caso della canapa industriale, inoltre, il Consiglio dei ministri sostiene che la norma non quantifichi gli oneri e indichi la copertura finanziaria in modo generico. Da qui la violazione anche dell’articolo 81 della Carta che prevede l’obbligatorietà della copertura per le leggi di spesa.
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