La nuova villa in Sardegna di Gianluca Vacchi, l’imprenditore noto per i suoi balletti sul web, si chiamerà Blu Jerusalema in onore della figlia. In una intervista al Corriere della Sera, il celebre influencer (ha circa 22 milioni di follower su Instagram) ha dato le dimensioni della sua nuova magione che ha spiegato, sarà un “covo di serenità”: 1.200 metri quadrati, più mille di terrazze, con un campo da padel, discoteca, due lodge con suite, 15 camere. “Faccio lavori per quasi 15 milioni di euro – ha detto –. Spero di vivere abbastanza per vedere mia figlia capire i privilegi che ha“.
Ma, più che di serenità, la Sardegna rischia di essere fonte di guai per l’imprenditore ballerino. La sua ex colf ha infatti deciso di fargli causa dopo essere stata licenziata. La donna, 44 anni, contesta ora a Gianluca Vacchi turni di lavoro massacranti, riduzione e assenza di riposi e ferie e straordinari non retribuiti. Manco a dirlo, i momenti più difficili per la collaboratrice domestica sarebbero stati quelli trascorsi nel paradiso delle vacanze, durante i soggiorni di Vacchi nella villa di Porto Cervo che avrebbero comportato per lei e gli altri dipendenti un orario di lavoro lunghissimo: dalle 10 di mattina alle 3 di notte, a volte addirittura fino alle 4 o alle 5.
In particolare, dalla denuncia della donna emergerebbero i retroscena dei celebri balletti in cui Vacchi esibisce solitamente sul web la sua gioia trascinante. Stando alla colf, l’influencer sarebbe stato solito avere “scatti d’ira se i dipendenti non si muovevano a tempo di musica e non eseguivano alla perfezione i balletti per i suoi video di Tik Tok”.
Altro problema – sempre secondo gli atti – sarebbe stato rappresentato dalla preparazione dei bagagli che dovevano contenere tutti gli abiti di cui Vacchi aveva fatto richiesta: in caso di mancanza di un solo capo d’abbigliamento, l’influencer avrebbe teorizzato la possibilità di una detrazione in busta paga pari a 100 euro.
Poi, per finire, Vacchi avrebbe chiesto ai dipendenti di firmare inoltre un accordo di riservatezza, che la donna non avrebbe firmato: tale scelta avrebbe quindi determinato il suo licenziamento. Dopo il licenziamento, lei e altri due collaboratori si sono rivolti al tribunale.
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