Il torso di due pugilatori, il caratteristico scudo curvo che copre il corpo e si stringe nel braccio. Una testa, gambe, altre parti dei corpi, i frammenti di un modello di nuraghe.
La necropoli nuragica di Mont’e Prama a Cabras continua a stupire, regalando il ritrovamento dei resti di due nuove statue monumentali, due giganti che si aggiungono all’esercito in pietra di guerrieri, arcieri e pugilatori di tremila anni fa che ha reso famoso nel mondo il sito archeologico sardo ancora avvolto nel mistero.
Perché di sorprese il sito archeologico della Penisola del Sinis ne riserva tante. Una di queste è legata alla sua distruzione. Quando fu abbandonato il complesso monumentale? E chi volle farlo sparire, cercando di distruggerne ogni traccia? I Giganti di Mont’e Prama devono rispondere ancora a infinite domande. Gli archeologi provano a dare le risposte.
Fu una strategia di conquista di Cartagine? Oppure la distruzione avvenne nel VII sec. a.C., per mano dei Fenici risiedenti a Tharros? Questa ultima tesi non gode di grande consenso giacché si ritiene che in età fenicia, in un periodo tra il V in e il VII secolo a.C., gli insediamenti levantini nell’area del golfo, da Tharros a Othoca a Neapolis, avessero sviluppato una dinamica interna, un’organizzazione e una capacità propulsiva tali da rovesciare i rapporti di forza a sfavore dell’elemento indigeno è molto dubbio. Ma allora cosa avvenne?
“Siamo sulla strada giusta”, dice l’archeologo Alessandro Usai, dal 2014 responsabile scientifico dello scavo: “Siamo andati a colpo sicuro in un tratto che ancora non era stato toccato”. L’area archeologica riserverà altre sorprese. La storia di questa meraviglia tutta sarda è ancora da scrivere.
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