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Le chiamano le piccole patrie. Antoni Simon Mossa le sognava unite: «Europa delle Etnìe», la chiamava, che supera il vecchio concetto di una «Europa degli Stati»,l’unico modo che consente di superare il punto morto degli egoismi nazionalistici, nel pieno rispetto dei princìpi dei diritti umani e dell’autodetermi­nazione.

Si sono riunite a Palermo, in un quadro storico scosso dai recenti fatti accaduti in Corsica, dove da giorni si agitano le proteste per la morte di Yvan Colonna, una delle figure più carismatiche dell’indipendentismo, in nome del principio di autodeterminazione: arrivavano dalla Penisola iberica, dai Paesi Baschi, dalla Scozia, Dalla Corsica, dalla Sardegna e dalla Sicilia.

Sul tavolo, un confronto sull’indipendentismo internazionale, in un incontro organizzato proprio a Palermo in occasione del 740esimo anniversario della rivoluzione del Vespro del 1282. La proposta è quella di rendere stabili questi incontri, fare un forum europeo delle indipendenze, con tutti quelli che sono qui e quelli che non ci sono. Ogni paio di mesi incontrarsi, discutere, prendere posizioni. Scambiare informazioni, notizie, lo stato dell’arte, i referendum: “Ogni vittoria dell’uno è una vittoria dell’altro, un passo avanti verso l’elaborazione di strade e strategie comuni”.

Al raduno delle diverse anime, voluto dagli indipendentisti siciliani di Trinacria, ha preso parte anche Pasquale Picoury, della Ghjuventù Indipendentista, che raccoglie tutti i movimenti che si battono per l’indipendenza della Corsica. “Dopo la morte di Ivan – dice all’AGI Picoury – si sono susseguiti momenti di tensione e di scontri con la polizia, che hanno spinto il presidente francese a parlare di una possibile percorso verso l’autonomia per la Corsica, ma i tempi ancora non sono certi”.

Anche in Italia le richieste di indipendentismo non sono mai sopite. “Scozzesi, sardi, irlandesi, catalani, corsi, siciliani… – argomenta con l’AGI Tiziana Albanese di Trinacria – ci unisce il desiderio di liberazione delle nostre terre. Un’indipendenza che non significhi isolamento, che costruisca nuove vie e nuove alleanze”. Le piccole patrie fanno rullare i tamburi.

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