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Dopo la soddisfazione dei sindacati e di Confindustria, che vedono uno spiraglio di luce e di nuove opportunità nel decreto Energia Sardegna firmato due giorni fa dal presidente del Consiglio Mario Draghi, il Dpcm che prevede finalmente l’arrivo del gas in Sardegna rischia lo stop da parte della stessa Regione Sardegna. Il presidente della Giunta regionale Christian Solinas, che già aveva espresso dei dubbi sul provvedimento – considerato calato dall’alto dal Governo, minaccia di impugnare il decreto.

La Regione sarda non condivide l’assenza della provincia di Nuoro nelle nuove vie del gas tracciate dal decreto, che predilige i poli del Sulcis, Oristano e Porto Torres per dare la speranza ad aziende altamente energivore come l’Eurallumina e Portovesme srl. Inoltre, l’esecutivo regionale teme che il generico riferimento alle fonti rinnovabili possa essere il preludio all’invasione di pannelli fotovoltaici e pale eoliche nell’Isola (cosa che peraltro sta avvenendo, stando alle denunce degli ambientalisti).

Ieri sera nel quartier generale di Solinas a villa Devoto era in corso un incontro per valutare la linea da seguire, in primo luogo l’impugnazione di un provvedimento che Solinas considera “un atto imposto dall’alto” e frutto di scelte unilaterali del Governo.

“Questo decreto energia va bene nella misura in cui mette al primo posto e tutela gli interessi dei sardi, nel momento in cui ci sono attuazioni del decreto che vanno a penalizzare le imprese e le famiglie sarde, si possono valutare anche le soluzioni più estreme, compresa l’impugnazione”, ha dichiarato la vicepresidente della Regione Alessandra Zedda.

Nei giorni scorsi invece il decreto firmato da Draghi e dai ministri competenti aveva ottenuto il plauso dei sindacati confederali e delle associazioni di categoria che vedono finalmente nel decreto Energia Sardegna un passo avanti verso la infrastrutturazione e la gassificazione dell’isola che può colmare il gap annoso dell’energia (problema di cui si parla dall’inizio dell’età autonomistica agli albori dello Statuto Speciale) e dare nuove opportunità di sviluppo alla Sardegna.

La domanda da farsi è questa: come la nostra politica utilizza l’autonomia speciale di cui gode la Sardegna? La utilizza realmente per costruire nuove e specifiche opportunità di sviluppo oppure fa ricorso alla specialità e all’identità solo ed esclusivamente per distinguersi a priori e perdere le opportunità concesse a tutte le altre regioni? Un quest’ultimo caso sarebbe una cosa ben triste.

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