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Servizio idrico: metà dei sardi non si fida di bere acqua del rubinetto

Nell’isola si perde il 50% dell’acqua immessa in rete e il 12% della popolazione lamenta una pessima qualità dell’acqua erogata

Quasi il 12% dei sardi lamenta una pessima qualità dell’acqua erogata dai rubinetti. Non solo: metà della popolazione isolana non si fida di bere l’acqua di casa e compra l’acqua minerale nelle bottiglie di plastica. Due sono le conseguenze: una in termini di spesa per l’acquisto di acqua minerale (nella penisola è mediamente di 12,56 euro al mese per famiglia, nell’isola è considerevolmente più alta) e l’altra in termini di inquinamento dell’ambiente.

Sono alcuni elementi che emergono dall’ultimo report della Cna Sardegna sullo stato del servizio idrico sardo da cui emerge un dato drammatico: in media nell’isola si perde oltre il 50% dell’acqua complessivamente immessa in rete. Perdite che nei comuni capoluogo sono superiori alla media regionale, fino a sfiorare il 63% nel comune di Sassari.

In base ai dati Istat elaborati dal Centro Studi dell’associazione artigiana nell’isola rete idrica isolana continua ad essere un colabrodo. Le perdite sono attribuibili solo in parte ad una perdita fisiologica (che incide inevitabilmente su tutte le infrastrutture idriche e varia generalmente tra il 5% e il 10%), in parte da prelievi abusivi (3-5% in media), il resto è dovuto al volume di acqua che fuoriesce dal sistema di distribuzione a causa di vetustà degli impianti, corrosione, deterioramento o rottura delle tubazioni ancora presenti in quantità di cemento -amianto o giunti difettosi.

La situazione è addirittura peggiore nei capoluoghi: dai dati pubblicati da ISTAT in occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua 2022 emerge che le perdite idriche nei comuni capoluogo sono superiori alla media regionale, fino a sfiorare il 63% nel comune di Sassari.

La rete acquedottistica regionale (13.450 km) si trova dunque in pessime condizioni di manutenzione e avrebbe necessità di consistenti investimenti. La Cna stima che ricostruirla a nuovo costerebbe circa 2,7 miliardi di euro. Agli attuali ritmi di sostituzione della rete con più di 50 anni si stima che si arriverà ad una situazione di rinnovo complessivo in 52/55 anni. Naturalmente, nel frattempo, i restanti km di rete saranno tutti entrati nei 50 anni di vita.

Tale condizione della rete si ripercuote sul livello di soddisfazione del servizio di erogazione dell’acqua alle famiglie. Dai dati recentemente pubblicati dall’ISTAT emerge che il 30% delle famiglie sarde non è soddisfatto del servizio idrico; quasi il 10% non lo è per niente, tre volte di più della media nazionale che si attesta al 2,9%. I motivi dell’insoddisfazione sono molteplici: la frequenza di episodi di interruzione del servizio, la comprensibilità della bolletta, la spesa per la fornitura dell’acqua ma soprattutto sono determinanti gli aspetti qualitativi dell’acqua erogata ovvero l’odore, il sapore e la limpidezza dell’acqua. Quasi il 12% della popolazione lamenta una pessima qualità dell’acqua erogata dal rubinetto. Tale condizione incentiva l’acquisto di acqua in bottiglia. Se a livello nazionale oltre il 70% della popolazione si fida di bere acqua dal rubinetto a scala regionale tale quota scende drasticamente al 50%.  E se a livello nazionale la spesa per l’acquisto di acqua minerale è di 12,56 euro al mese per famiglia, in Sardegna questo valore sarà proporzionalmente più alto.

Ed ecco il problema dell’inquinamento. Questo stile di vita è scarsamente sostenibile poiché genera grandi quantità di rifiuti plastici che non si è ancora pronti per riciclare. Secondo i dati Eurostat, in Italia ogni anno vengono prodotti 34 chili di rifiuti plastici pro-capite all’anno smaltiti nei circuiti della raccolta differenziata, di questi le bottiglie per l’acqua sono una parte consistente; tuttavia, meno della metà viene riciclata, il resto finisce nei termovalorizzatori, e quindi bruciato.

“In un contesto di sempre maggiore scarsità della risorsa idrica, specialmente in Sardegna – commentano Luigi Tomasi e Francesco Porcu, rispettivamente presidente e segretario regionale della Cna Sardegna –, è prioritario affrontare il problema dell’infrastruttura idrica regionale al fine di ridurre gli sprechi, abbassare il costo a carico delle famiglie per il consumo di acqua in bottiglia (destinato ad aumentare nel medio lungo termine), limitare i consumi di plastica e i rischi ambientali connessi al loro riuso e smaltimento”.

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