Il blocco delle esportazioni dei prodotti sardi verso la Russia dovrebbe portare conseguenze assai modeste per l’economia sarda. E anche se le relazioni dovessero ulteriormente inasprirsi mettendo a rischio tutti i settori economici vocati all’export non ci sarebbero particolari ripercussioni negative per le imprese sarde.
È quanto si evince dall’ultimo report del Centro Studi della Cna Sardegna che analizza l’esposizione delle imprese sarde esportatrici nei confronti della Russia. Il valore dell’export sardo nel Paese guidato da Vladimir Putin ammonta infatti a 14 milioni di euro, pari allo 0,3% dell’intero export regionale (un dato molto inferiore rispetto al 1,5% medio nazionale) e le esportazioni riguardano soprattutto il settore chimico (l’84% del totale) e in minima parte settori portanti come quello agroalimentare.
“Sia con riferimento ai settori coinvolti dall’inasprimento del quadro sanzionatorio fino ad ora, sia guardando al totale dei settori economici l’esposizione delle imprese sarde esportatrici nei confronti della Russia è piuttosto modesta – commentano Luigi Tomasi e Francesco Porcu, rispettivamente presidente e segretario regionale della Cna Sardegna -. L’impatto maggiore di un blocco totale dell’export si avrebbe nel settore chimico, sebbene anche in questo caso si tratti di numeri tutt’altro che macroscopici. Al livello nazionale, invece, i rischi maggiori si concentrano nel triangolo economico Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto, sebbene anche in questo caso l’impatto potenziale massimo risulta tutto sommato poco più che marginale”.
Il dossier della Cna sarda analizza come detto l’impatto potenziale sull’export regionale dell’inasprimento delle sanzioni nei confronti della Russia a seguito dell’escalation militare in Ucraina. Lo scorso 23 febbraio l’Unione Europea ha infatti esteso il campo di applicazione del preesistente disposto sanzionatorio comunitario adottato nel 2014. In particolare, le misure adottate impongono severi controlli sulle esportazioni in alcuni ambiti specifici.
I settori direttamente coinvolti dal nuovo regime sanzionatorio sono quelli di telecomunicazioni, strumenti di misurazione, apparecchiature elettromedicali, strumenti ottici e attrezzature fotografiche, macchine di impiego generale e speciali, autoveicoli, nautica, aeronautica e tecnologie spaziali. Considerando questi settori, si stima che il blocco delle esportazioni verso Mosca potenzialmente coinvolga appena l’1,2% del valore delle produzioni isolane esportate nei suddetti settori. Si tratta di circa 615 mila euro, su un totale di 50 milioni.
La maggior parte dell’export sardo verso la Russia in questi ambiti riguarda strumenti e apparecchi di misurazione, prova e navigazione (circa 400 mila euro), seguita dal settore nautico (circa 210 mila euro nel 2021). Si tratta quindi di numeri piuttosto modesti. A riprova, nel complesso, a livello nazionale i circa 1,7 miliardi di valore dell’export potenzialmente a rischio rappresentano lo 0,3% del totale del commercio internazionale nel 2021, ma nel caso della Sardegna si parla appena dello 0,01% (600 mila euro su 5,5 miliardi): una quota che diventa lo 0,05% se si escludono i prodotti petroliferi raffinati.
Ma cosa succederebbe se le relazioni con la Russia dovessero ulteriormente inasprirsi mettendo a rischio tutti i settori economici vocati all’export?
Il valore complessivo delle esportazioni regionali in Russia, a livello regionale nel 2021 si è attestato a circa 14,1 milioni di euro.
Va detto che nel 2013, ovvero prima dell’introduzione delle sanzioni per l’invasione della Crimea, le esportazioni delle imprese sarde verso la Russia erano pari a circa 13 milioni di euro, a suggerire come il precedente quadro sanzionatorio non abbia modificato sostanzialmente il livello delle vendite regionali (va detto che al livello nazionale, rispetto al periodo pre-sanzioni, l’export verso Mosca è calato di circa 2 miliardi di euro, 7,7 miliardi nel 2021 contro i 10 del 2013).
I circa 14 milioni di euro di export sardo in Russia rappresentano appena lo 0,3% dell’export totale regionale: un dato molto inferiore rispetto all’1,5% medio nazionale. Va detto che le due quote si avvicinano se si esclude l’export di prodotti petroliferi raffinati: 1,1% è la quota di export verso la Russia per la Sardegna, 1,5% quella nazionale.
Guardando al totale dell’export, l’impatto maggiore di un blocco totale del commercio verso Mosca sarebbe più significativo in regioni come Umbria (2,7% del totale dell’export), Marche (2,5%) ed Emilia-Romagna (2,1%), mentre in termini assoluti l’esposizione maggiore si registra in Lombardia, con 2,2 miliardi di euro, seguita da Emilia-Romagna (1,5 miliardi) e Veneto (1,3 miliardi).
Ma cosa esporta la Sardegna in Russia al momento?
La stragrande maggioranza di beni esportati dalle imprese sarde si concentra nel settore chimico: circa l’84% del totale dell’export verso la Russia. Si tratta di circa 12 milioni di euro (su un totale di 14,1 milioni), un dato che rappresenta il 4,4% della performance globale del settore nel 2021. Più marginali tutti gli altri settori. Quello agroalimentare, in particolare, contribuisce all’export verso la Russia per appena 340 mila euro, lo 0,2% del totale dell’export agroalimentare regionale.
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