Il 14 marzo 1962 il principe Karim Aga Khan, imam dei musulmani Ismailiti Nizariti, fondava in un tratto costiero della Gallura nord orientale della Sardegna, bella come un Eden, estesa per cinquantacinque chilometri e chiamata allora Monti di Mola, il Consorzio Costa Smeralda. Da quel momento la Sardegna sarebbe diventata una località turistica nota in tutto il mondo. Il suo modello si sviluppo fu a lungo ostracizzato e deriso. Siamo sicuri che i piani energetici nazionali siano alternative migliori a quel piano di sviluppo?
Dare un giudizio definitivo di quell’operazione immobiliare, che tanta influenza ha avuto nella storia recente dell’Isola, non è semplice. Tuttavia, si possono mettere in luce alcuni aspetti virtuosi che nacquero in quella circostanza, e che in Sardegna sono stati replicati solo sporadicamente.
Intanto con la Costa Smeralda nacque uno “stile sardo”. Per la Costa Smeralda il principe Karim Aga Khan IV non volle solo un’architettura con forti richiami a quella sarda. Volle che anche gli arredamenti degli hotel – Cervo, Cala di Volpe, Pitrizza; il Romazzino avessero espliciti e forti rimandi alla tradizione.
Il nuorese Giovanni Antonio Sulas venne chiamato nel 1963 proprio per questo: per arredare (e disegnare alcune parti) del Pitrizza e del Cala di Volpe. Sulas aveva già condotto delle ricerche per realizzare una vera cucina sarda in quello che fu il primo, vero esperimento turistico del territorio: l’hotel Su Gologone di Oliena.
Nonostante l’assenza di una formazione accademica specifica, Sulas lavorò fianco a fianco con alcuni fra i più noti architetti nazionali e internazionali – gli italiani Luigi Vietti e Michele Busiri Vici, i francesi (padre e figlio) Jacques e Savin Couelle, l’americano Peter Schneck, il sardo Antoni Simon Mossa – per progettare e arredare strutture il più possibile coerenti con un’idea di Sardegna autentica ma non stereotipata, e con una totalità di arredi e manufatti realizzata da artigiani locali – condizione tassativa, quest’ultima, imposta soprattutto al Principe Kharim Aga Khan e al suo intero staff.
Sulas disegnò mobili, sedie, cesti, tappeti, arazzi. Quell’inconfondibile marchio sardo definisce ancora oggi lo stile noto come “artigianato sardo”. A quella tradizione si è ispirato anche il grande designer americano John Lees, creatore dei loghi degli hotel Cala di Volpe, Cervo, Romazzino e Pitrizza.
Ai progetti di Sulas diedero forma imprese artigiane sviluppate nel territorio (soprattutto a Samugheo).
Con la Costa Smeralda nacque dunque uno stile sardo: riconoscibile, identitario, bellissimo. Ma non fu solo questo.
La Costa Smeralda, a ben vedere, ebbe un impatto fondamentale sui successivi progetti che avrebbero fatto della Sardegna un luogo da vocazione agropastorale ad hub marcatamente turistico. Perché se è vero che quell’esperimento, quell’enclave alto borghese nel cuore della Gallura, non piacque all’intellighenzia locale, fortemente identitaria, è altrettanto vero che su quel solco si svilupparono altre sfide che avrebbero portato benessere e ricchezza. Inizialmente poco attente alla tutela del territorio, è vero, anzi spesso incentrate sul binomio casa-cemento, ma poi sempre più consapevoli di un assunto: che la vera ricchezza dell’Isola è solo, ed esclusivamente, il suo straordinario paesaggio.
Invece oggi, sessant’anni dopo, ci troviamo a fare i conti con nuovi progetti progetti calati dall’alto, più simili ai vituperati Piani di Rinascita – che industrializzarono l’a Sardegna sfregiandone il volto e l’anima – piuttosto che ai sogni di Giovanni Antonio Sulas. Piani strategici, così vengono definiti, che si propongono di trasformare l’Isola da luogo di servitù militari a riserva indiana di servitù energetiche.
Dalle miniere di carbone al Galsi, dai mastodontici parchi fotovoltaici alle pale eoliche costiere, questi Progetti strategici – non si capisce bene strategici per chi, visto che in prima fila ci sono i soliti squali privati – minano alla radice la più profonda vocazione dell’Isola, quella incentrata sull’ospitalità e sulla meravigliosa bellezza di un territorio in parte ancora vergine e incontaminato.
Dovevamo pensare alle bonifiche, ci troveremo in casa Rigassificatori, enormi pale davanti a Chia e al Golfo degli Angeli, centinaia di ettari di terreno rubati alla natura per catturare il sole da regalare a terzi (perché senza centrali di accumulo l’energia sarà ceduta direttamente alla Penisola, passando dalla Sicilia).
Abbiamo ancora il coraggio di lamentarci del Principe Karim Aga Khan? Auguri, Costa Smeralda. Esempio virtuoso, magnifica utopia.
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