Passare dalla ferma e totale condanna della guerra alla censura è un attimo. Ne è la testimonianza il recentissimo attacco mediatico e politico al corrispondente della Rai a Mosca Marc Innaro che rischia il suo posto da inviato per aver ricordato la storia nell’espansione della Nato nell’est europeo.
“Un dato di fatto noto e tra le motivazioni per il gesto folle di Putin, non certo a giustificare ma a spiegare – commenta un altro inviato storico della Rai, Ennio Remondino -: giornali seri e prestigiosi Usa ed europei lo avevano raccontato molto prima e più diffusamente di Marc, ma la piccola politica preferisce forse il più innocuo bla bla video a riversarci addosso tante opinioni travestite da analisi”.
E mentre l’Usigrai accorre in soccorso del giornalista e della libertà di stampa (“Chiediamo all’azienda di non rimanere inerte davanti ad accuse infondate, capziose e di parte e di intervenire finalmente a difesa dei propri giornalisti che sul campo stanno assicurando un flusso informativo senza precedenti su tutte gli aspetti della guerra in corso in Ucraina”, un altro sconcertante episodio di censura arriva questa volta dal mondo universitario.
La Bicocca di Milano ha annullato un corso gratuito e aperto a tutti su Fëdor Dostoevskij del Docente Paolo Nori. Lo scopo di questa decisione? “Evitare ogni forma di polemica soprattutto interna in quanto è un momento di forte tensione’”.
“Il corso sui romanzi dell’autore russo doveva cominciare mercoledì e prevedeva quattro lezioni – ha scritto sui social il docente -. Mi avevano invitato loro. Trovo che che quello che sta succedendo in Ucraina sia una cosa orribile e mi viene da piangere solo a pensarci. Ma quello che sta succedendo in Italia oggi, queste cose qua, sono ridicole: censurare un corso è ridicolo. Non solo essere un russo vivente è una colpa oggi in Italia ma anche essere un russo morto che, quando era vivo, nel 1849, è stato condannato a morte perché aveva letto una cosa proibita, lo è. Che un’ Università italiana proibisca un corso su un autore come Dostoevskij è una cosa che io non posso credere”
Come se in questo clima da inquisizione politically correct, la doverosa condanna della aggressione armata di Putin e la orribile minaccia che pende sul mondo comportasse anche la messa al bando della ragione. E’ ormai frequente che lo stato di emergenza porti ad una abdicazione del libero pensiero.
Bisogna mettere al rogo tutto: non solo chi la guerra la decide e la impone per strategie politiche e soprattutto biecamente economiche, ma anche chi la subisce. Non solo. E tanto per buttare anche il bambino insieme all’acqua sporca, bisogna eliminare anche la cultura russa che ha dato al mondo tante perle.
In controtendenza con tutto ciò, il sindaco di Arzachena Roberto Ragnedda – in barba alle convenzioni e alle misure punitive adottate dall’Ue contro gli oligarchi vicini a Putin – rinnova la sua stima al cittadino onorario di Arzachena, il miliardario russo-uzbeko Alisher Usmanov. Bizzarro: la Costa Smeralda diventa enclave della libertà di opinione?
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