L’Italia è il paese europeo con il maggior numero di regioni in stagnazione o in declino economico nei 20 anni che hanno preceduto la pandemia. È quanto attesta uno studio pubblicato su Milano Finanza, da cui si evince – basta guardare la cartina – che la Sardegna è una delle regioni che meno sono riuscite a invertire la rotta e a programmare un adeguato sviluppo economico dopo la grande crisi del 2001.
Evidentemente in vent’anni chi è stato ai posti di comando non è mai riuscito a programmare con un po’ di lungimiranza e utilizzare adeguatamente le enormi risorse economiche che l’isola ha avuto a disposizione. Difficilmente i fondi europei e quelli nazionali sono serviti a creare sviluppo ed occupazione stabile, ma sono stati persi in mille inutili rivoli. La politica, senza distinzione di schieramento, non è mai riuscita a superare la gestione delle emergenze e a guardare al futuro. Alle nuove generazioni.
Tant’è che da vent’anni si continua a dibattere senza risolverli dei soliti annosi problemi: continuità territoriale, destagionalizzazione del turismo, sempre limitato a tre mesi l’anno, infrastrutture ancora carenti, dispersione scolastica, disoccupazione.
La stagnazione della Sardegna non è solo economica. E’ soprattutto politica, istituzionale, sociale. Ma ancora prima educativa e morale.
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