Ama e servi tutti. Una frase del predicatore indiano Sai Baba che lo storico centravanti del Cagliari, della Juventus e del Milan Pietro Paolo Virdis ha ben presente. Negli anni Novanta, conclusa la carriera calcistica, l’attaccante fece un viaggio in India insieme alla moglie Claudia e iniziò a seguire quegli insegnamenti spirituali.
È questo uno dei passaggi più interessanti della lunga intervista rilasciata al Corriere della Sera, in cui il bomber sassarese, oggi titolare a Milano del ristorante enoteca “Il gusto di Virdis”, racconta la sua avventura sportiva e umana.
Più di cento gol segnati in carriera, capocannoniere del campionato di serie A nel 1987, Pietro Paolo Virdis ha vinto due scudetti e una Coppa Italia con la Juve (tra il 1978 e il 1982), uno scudetto, una Supercoppa italiana e una Coppa Campioni con il Milan (tra il 1988 e il 1989). Quando era ancora al Cagliari ha tentato di difendere la maglia rossoblù e di non ascoltare le sirene della Juve, come prima di lui aveva fatto Gigi Riva. Ma alla fine, giovane calciatore emergente, nel 1977 dopo un clamoroso rifiuto (alla Riva) dovette cedere alle lusinghe dell’allora super presidente bianconero Giampiero Boniperti.
“Dovetti accettare di trasferirmi a Torino – racconta al Corriere -. Venivo da una mancata promozione in serie A e desideravo riportare in alto quella squadra. Avevo vent’anni ed era il mio sogno, alimentato anche da quanto aveva fatto Riva. Avrei voluto emularlo. Ma Gigi Riva era Gigi Riva, io ero un giovane che si affacciava sul palcoscenico e a un certo punto dovetti cedere. Non mi trovavo nella condizione di rifiutare e temevo di dover smettere di giocare. Forse avvertivo che avrei avuto qualche difficoltà nella Juve, anche se il mio non era un no diretto a quella squadra, era semplicemente un sì al Cagliari. Mi sarei comportato allo stesso modo dovendo partire per Milano o Bologna. Pentito: all’inizio certamente, vennero anni difficili. Ma pensandoci oggi credo di aver fatto bene. Il tempo cambia le lenti con le quali guardi il mondo, ti guardi addosso”.
Spenti i riflettori della ribalta calcistica, oggi Virdis gestisce insieme alla moglie Claudia il suo ristorante enoteca milanese, ma non dimentica le sue radici isolane. “L’amore per la Sardegna è profondo ed è aumentato nel tempo a causa della lontananza – racconta -. Cerco di ricambiare ciò che ho ricevuto dai luoghi dell’infanzia con intensità crescente. In cantina tengo prodotti provenienti da tutta Italia, ma cerco sempre più di promuovere vini della mia regione d’origine. Che sono molti e di straordinaria qualità”.
Anche grazie ad un percorso spirituale iniziato ai tempi del suo viaggio in India, Virdis ha trovato il modo di gustare una vita serena di cui – da buon ristoratore – fornisce la ricetta. “La ricetta richiede un lavoro continuo su te stesso, sulle qualità come sui difetti – dice all’intervistatore -. Il che può dare momenti di serenità. Ma non è mai finita. Alti e bassi. Io sono sulla strada, resto in campo, c’è sempre da migliorare”.
Nota di colore. Il ristorante dell’ex bomber sardo la domenica chiude. Ma non tanto in omaggio al suo passato calcistico, quanto per la necessità di stare insieme alla moglie e ai due figli.
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