“Quando mi hanno intubato ho pensato a quella corsa”, “Quando hanno intubato mio padre ho ripensato a quella passeggiata che dovevo evitare”, “Meno usciamo, prima ne usciamo, “Quando hanno portato mia madre in ospedale, ho capito che dovevo rinunciare alla corsa”, o ancora “Quando mio figlio è stato contagiato, ho capito che dovevo rinunciare a quella spesa inutile”.
Un anno e mezzo fa la comunicazione sull’emergenza coronavirus voluta dal sindaco di Cagliari Paolo Truzzu aveva sollevato la levata di scudi dell’opposizione, e sui social scoppiava la polemica contro i manifesti fatti affiggere in giro per la città sulle strade di grande percorrenza. I primi a segnalare i cartelloni del sindaco erano stati gli esponenti dell’opposizione di centrosinistra, che tuonavano: “Chiediamo che il sindaco faccia rimuovere immediatamente i manifesti e si faccia promotore di una campagna informativa istituzionale semplice e diretta. I cittadini hanno bisogno di una comunicazione seria e trasparente, non di terrorismo. La cittadinanza di Cagliari non se lo merita”.
Oggi la situazione sembra essersi capovolta. Quei manifesti fotografano la situazione attuale, e il monito che all’unisono arriva da tutti – Governo, Ats, Comitati scientifici, in un’Isola dove sono oltre 3milioni le dosi di vaccino somministrate. E mentre il Governo vara misure restringenti che obbligano al super Green Pass, chiudono le discoteche, invitano i cittadini alla prudenza e a evitare le feste private, senza i peana dei social network, la cittadinanza cagliaritana risponde presente indossando la mascherina nei luoghi pubblici, con la massima responsabilità e prudenza. Merito anche di quella comunicazione forte, che ieri veniva massacrata e oggi sembra assolutamente adeguata?
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